Le Proposte Soros si aggiornano! Settimana scorsa questo blog ha orgogliosamente copia-incollato una delle migliori idee partorite negli anni da quel terrone di Ualone, assieme ai suoi amici sudisti. Per l’occasione si era anche realizzata un’illuminante intervista con Ualone-Uolverine stesso, che trovate qui. Recentemente sono state aggiunte altre proposte, pubblicate in origine sulla pagina Facebook della questione (che siete invitati a visitare e di cui potete tranquillamente professarvi fan). Se volete leggere, quindi, le ultime proposte, andate a questa pagina. Nel frattempo ecco il testo di quella presentata questa mattina:
Un Buon Non Compleanno!
1000 euro all’anno. Non avete più il giorno del vostro compleanno. Crescete normalmente e la vostra età è ufficializzata dalla vostra data di nascita. Semplicemente, non avete un compleanno. Non lo si noterà mai. Nessuno vi farà mai auguri e regali né festeggerà mai con voi il vostro compleanno, di cui peraltro non si parla mai. Ed è una cosa naturale, non è che si sceglie di non parlarne o c’è imbarazzo nel farlo: non lo si fa e basta. Perché il vostro compleanno non esiste. Per 1000 euro all’anno.
Mettiamo caso che ci sia stata la crisi globale, il rincaro del prezzo del pane al litro, che il posto di lavoro sia fisso solo se fate i volontari alla mensa dei poveri e che in generale l’adeguamento annuo degli stipendi sia più divertente di tutto quanto dicano quelli del Bagaglino… Ecco, poniamo che sia tutto vero: come si esce da una tale situazione di indigenza? Facendo realizzare le riviste da due cialtroni che sfruttano i ragazzini? Certo, anche. Ma soprattutto affidandosi alle proposte illuminanti, ma anche giano bifrontiche di Soros! Attenzione, le proposte Soros non sono delle fregature, ma solo dei momenti importanti, addirittura culminanti della vostra vita. Che potreste perdere, maledicendovi più volte. Volete leggere le proposte Soros? Allora raggiungete abili la pagina di questo blog dedicata o, molto meglio, il profilo Facebook a cui affezionarsi. Per capire al meglio, però, cosa cavolo sia una proposta Soros, abbiamo intervistato il loro “creatore”: Ualone. A voi.
“Sony Computer Entertainment Europe (SCEE) oggi ha annunciato di aver esteso fino al 2012 l’accordo di sponsorizzazione con la UEFA per la UEFA Champions League e la UEFA Super Cup (Super Coppa Europea, ndtZ!) nel 2009, 2010 e 2011“. Poi blablabla, siamo coinvolti nella faccenda da nove anni, blabla, il football è nel nostro DNA da molto tempo, blabla. Bla. Che mestizia. In altri tempi sarebbe stata una delle notizie dell’anno: scontata, ma più che benvenuta. Gli altri tempi erano quelli che facevano piovere in redazione biglietti per le partite di Champions League. Dopo il cambio, le cose sono andate meno bene. Complice anche l’assenza del giovane Simon in zona cannone-spara-tagliandi omaggio, i biglietti sono semplicemente spariti. Un po’ lo scazzo. Un po’ l’essere crollati nelle classifiche dei PR (suppongo). Un po’ la vita che va via via peggiorando perché sennò cosa ho ascoltato “Faith” e “Seventeen Seconds” a fare?
Di tutti i privilegi, in realta molto relativi, di cui ho goduto in tredici anni di onorabilissima attività para-giornalistica, il biglietto gratuito per la partita di Champions era il momento di maggior sfregio verso il “poveraccio che se lo deve pagare”. Momenti belli, brutti, noiosi, strepitosi, medi. Ma, in generale, da acchiappare al volo: la strada quasi sempre sgombra tra Milano e Torino per arrivare al Delle Alpi; l’impareggiabile catering pre-partita e le torte + pasticcini a metà incontro; i posti in tribuna lussuosa assolutamente da stropicciarsi gli occhi; un paio di volte pure il parcheggio privato. Cose belle, ma davvero belle. Entrare nella suddetta zona catering e leggere i monitor interni della UEFA su cui scorrono le formazioni, con le discussioni dell’ultimo secondo a base di Patriarca. Il viaggio con la musica che ogni tanto andava anche data in gestione al Patriarca di cui sopra, che grazie al cielo aveva già perso le abitudini discotecare pasticcate degli ultimi anni ’90. Il rumore dello stadio e le luci. Il rombo del pubblico. Il riscaldamento con “minchia Pavel, grande Pavel!”. La partita col Bruges leggendo il giornale e fischiando alla curvettina belga sopra di noi che osava seguire la partita più noiosa del mondo. Gol di Del Piero. Di testa. Ancora state lì a rompere? Andate a casa dai, che è pure lunga. I soliti ottavi o quarti in cui si usciva giocando male, ma male, ma maaaaale. La partita in cui ho portato mio padre, che ancora oggi ci vado fiero e poi ho mandato una mail a Simon per ringraziarlo, col cuore in mano. La partita: LA partita. Juventus-Real Madrid, quella del gol di Zalayeta. Quella con decine di migliaia di persone che salutano Ronaldo (“gordito!”). Quella che c’era anche Ualone, con il cappello da pescatore, zitto e un po’ incazzato seduto mentre tutto lo stadio (per l’occasione, più unica che rara, stracolmo) si alza e grida. Una cosa che se non ci sei stato, non lo sai. Poi l’ultima, quella con l’Arsenal che andrà a perdere in finale col Barcellona (2006), con Nedved che si fa espellere quando finalmente si stava iniziando a fare qualcosa. E con me e Luca che facciamo il Grande Gesto (GG), ci alziamo per andarcene prima. Usciamo a sedici secondi dalla fine, quindi non è che fosse ‘sta grande presa di posizione, ma vabbé. Poi la B, poi il cambio, poi la mestizia. Poi più nulla.
Ma è stato bellissimo finché è durato.
Quando sono andato a prenderlo era buio. Un buio pomeriggio tardo autunnale nel 1998, lungo la stradina poco illuminata che fa da controviale nascosto alla Padana Superiore. Eravamo in tre, in bicicletta se non ricordo male: io, l’inesperto e l’allora interessante Valentina. Niente Mariposa o centro Milano, quella volta, ma solo Città Mercato, la prima d’Italia (quella di Vimodrone), quindi roba che contava. Anche al ritorno era buio. Ed è rimasto buio, tutto il tempo, a ogni ascolto di “Up” negli undici anni che sono seguiti. Dal primo vero disco del gruppo di Athens post-Berry non sapevo cosa aspettarmi, né immaginavo che sarebbe finita così, ma ai tempi ero decisamente meno intossicato di musica, quindi si comprava e si ascoltava senza farci sopra chissà quali voli pindarici (o seghe bimani, se la poesia non è nelle vostre corde).
Dopo l’esplosione amarognola di “Automatic for the People” e la voglia di rock ruvido di “Monster” era stato il momento dello strepitoso “New Adventures in Hi-Fi”, un disco suonato e registrato per la stragrande maggioranza del tempo “dal vivo”. Con l’intero gruppo abile nel ritagliarsi spazi durante il tour del disco del 1994. All’uscita delle avventure in lo-fi, Berry se ne era già andato, tutto preso dalla sua voglia di mantenersi vivo, ma comunque presente nel disco. Per “Up” i R.E.M. dovevano reinventarsi da zero, o qualcosa di molto simile. E lo fecero con un album che era l’esatta negazione del suo predecente: tutta potenza “da gruppo” quello (come molte delle prime pubblicazioni), tutto studio questo. Nuovi pedali per Buck, che si inventa un suono caratteristico per quei nuovi anni della band e soprattutto attenzione certosina in fase di produzione, con sovra incisioni, riff e accenni spediti in loop e pezzi costruiti come il significativo puzzle di una pozzanghera. In cui tutto è uguale, ma ogni minuscolo elemento in realtà ha una potenza innegabile. “Up” continua a vivere senza mai accelerare troppo forte, senza mai fermarsi davvero, continuando a riprendersi e a citarsi addosso. Una lunga cavalcata di disillusione notturna, lontana dalle sfuriate post-grunge di “Monster” e dai palchi ridenti di “New Adventures in Hi-Fi”. “Up” è un disco strepitoso, capace di cambiare più volte anima ma mantenendo inalterato l’umore. Un disco soprattutto eccezionale sul lungo periodo, come quella sera in cui le inutili sessioni di gioco al cialtronissimo Darius-G per PlayStation (dono di Ualone, conosciuto da poco all’epoca) mi accompagnarono alla scoperta di “Diminshed”. Poi di “Parakeet”, poi di “Falls to Climb”, fino a cogliere in tutta la sua magnificenza la seconda, splendida, metà del cielo crepuscolare del disco. Una seconda metà avvolgente come solo le serate autunnali riescono a essere, con suoni elettrici che riescono anche a farsi allucinati e la suddetta produzione che non diventa mai “troppa”, ma solamente e perfettamente giusta. Lo stesso equilibrio che il disco successivo, “Reveal”, proverà a ripetere, questa volta alla luce del sole. Senza riuscirci.
R.E.M. – Up
Warner Bros – 60 minuti Queste dovete ascoltarle: Hope, Walk Unafraid, Diminished, Falls to Climb