L’anno scorso Capcom ha percorso il Sunset Boulevard a tavoletta come nemmeno O.J. Simpson, portando all’estremo il concetto di “retrogaming”: Mega Man 9 era (ed è) un gioco nuovo solo nei contenuti e non certo nella forma, invece ancorata coraggiosamente a tre, quattro epoche ormai date per chiuse e archiviate. Insomma, un gioco che veniva sviluppato (tecnicamente e non solo) appositamente ponendosi dei limiti al limite (ops) del masochismo. L’idea era di spostare indietro le lancette di una ventina d’anni, tornando a realizzare un gioco con le stesse risorse che si avrebbe avuto a disposizione nella seconda metà degli anni ’80, su di un hardware del paleolitico: quello del NES. Il risultato non era solo quello che raccontava di un gioco concepito in totale 2D con una spruzzata ampia di malinconia, ma anche un gioco rigido. Rigido perché ai tempi i limiti erano quelli e così si poteva fare, ma che nell’anno domini 2008 è diventata solo e soltanto una scelta. Una scelta interessante, il cui esito è però stato quello più che prevedibile: Mega Man 9 non è un gioco antico, ma un gioco vecchio.