Una delle cose che mi frega continuamente è la distorsione temporale. Nei miei ricordi quello che è successo da bambino o da ragazzino è successo un quintale di volte, per anni interi e stagioni intensissime. Quando poi, a provare a mettersi al tavolo e a fare due conti e a far incastrare i pezzi, non è vero nulla. Per dire, fino a qualche tempo fa sono stato convinto di essere andato in vacanza in montagna sulle Sodomiti Dolomiti, a Bellamonte (Val di Fiemme), per anni. Assieme ai miei, io e mio fratello si sciava e, nemmeno troppo occasionalmente, si frequentava il ben più organizzato e vitale centro di Predazzo. Invece pare, e dico pare, che a Bellamonte si sia andati solo per un anno, con poi un paio di altre puntate direttamente alla mezza metropoli già citata e/o comuni limitrofi.
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Singolo post mortem? This is it.
Schioccar di dita, voce setolata, auto-contro-canto e coro di un nero suadente, chitarra/basso pizzicati in un giro funky sotto sedativi e una bara tutta agghindata: trova l’intruso! “This is it” non è solo il documentario ad alto rischio di necrofilia voluto dagli avvocati ed ereditieri di Michael Jackson, ma anche l’omonimo pezzo inedito che accompagnera un voluminoso cofanetto da quattro LP.
Michael Jackson è stato ucciso
Discussione a casaccio da ufficio dopo l’arrivo dei nuovi dati Nielsen. Vale più da morto che da vivo, per i creditori almeno. E così si chiude in bellezza la due giorni, ennesima, dedicata al povero Jackino, che ieri sera ha monopolizzato Italia 1, costringendomi ad assistere al concerto del Dangerous Tour e quindi alle mie prime due ore (meno) sulla rete giovine di Mediaset da secoli a questa parte. Si consiglia il clic sull’immagine e gli occhi strabuzzati.
Eddie, Jackson e la Lina
Su Sky Cinema Hits stanno dando “48 ore”. Nel mentre in cui provo a ricollegare il Saturn per vedere se la raccolta di Parodius è ancora splendida come un tempo (sì), mi godo un po’ di dialoghi di quelli fatti bene. Parlando delle prestazioni di Eddie Murphy, appena uscito da una sessione sudata con una ragazza, Nick Nolte chiede lumi sull’esito della faccenda. E Muprhy risponde: “sono stato bravo, dovrebbero darmi l’Oscar per il cazzo”. Che grande battuta cialtrona. Il piccolo Eddie è un Michael Jackson a cui sta andando meglio*, perché nessuno lo ha accusato di aver palpeggiato un bambino (per quanto ne so) e perché è ancora nero e non rischia la fossa da un giorno all’altro. Ma la parabola è più o meno quella: da star totale a mestizia devastante. Murphy ha anche avuto i suoi tre minuti di rilancio con “Dreamgirls”, ampiamente buttati nel water con “Norbit” o come si chiamava… una di quelle mezza porcate lì. Però i suoi film continuano a passare, mentre fino a un mese fa sentire alla radio “Billi Jean” era utopia.
L’Oscar di cui sopra, perlomeno, è una gran cosa. Al contrario delle perle di Lina Sotis sul Corriere della Sera, che in due giorni riesce a infilare una doppietta di classe come non le riusciva da tempo.
Venerdì 10 luglio:
Sarkozy non si alza per la Merkel. Carlà, tu che sei così bella, spiega al maritino che un gentiluomo si alza sempre davanti a una signora. E’ un segno di educazione, ma anche di virilità.
Sabato 11 luglio:
Spiace proprio che un’italiana sia l’unica first lady che all’Aquila è stata definita snob. Carlà, com’era più bello se lei indossava quell’elemtto con tutte le altre.
Raccapricciante come la miglior copertina di Cattivik! Qui Lina, là la grammatica, molto più in giù la decenza di evitare battute di second’ordine.
* e d’altronde il legame è anche ufficializzato dalla partecipazione di Eddie Murphy al video di Jackson “Remember the Time”, nella parte del faraone. Era il 1992.
Pop Machine
I dati sono fuori. La settimana che si è chiusa domenica scorsa è stata scandita da Nielsen Soundscan che ha decretato l’unico verdetto decretabile: il dominio non solo incontrastato, ma puranco da record di Michael Jackson nella categoria “Billboard’s Top Pop Catalog Albums”. Nove posizioni su dieci, otto a nome di Jackson, una per l’allegra combriccola dei Jackson Five. La domanda retorica più retorica del mondo della musica, che si era posto anche Zio Lampadina Corgan (“If I were dead/would my records sell?” – “Heavy Metal Machine”, 2000), ha avuto la solita risposta.
Maremma! Che poi mi dovevo anche difendere quando dicevo in giro che a casa ho “Off the Wall”, “Thriller”, “Bad” e “Dangerous”. Okei, l’ultimo tutto sommato poteva anche essere fonte di comprensibili schiaffi, ma i primi due… I primi due citati non si toccano. Schioppone a 50 anni. O forse a 712, a seconda di quello che era diventato nel suo tramutarsi in un para-umano. Peccato però. Che poi, per mettere sù il ricordo personale da “piangiamo tutti contro un muro” (ahrrr!): “Bad” è stato il mio primo CD assieme a “Introducing the Hardline According to Terence Trent D’Arby”, di Terencio, per l’appunto. Era il 1987, son cose che segnano. E poi uno nato nell’80 non può che viverla con cauto terrore un momento così: la caduta dei punti di riferimento assurdi. Achtung!