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Il Natale del 1993

Caro, vecchio, Brian Adams! La raccolta dei grandi successi del tizio, arrivata sotto l’albero nel 1993, è stata utile almeno due volte: per soddisfare quella voglia di risentire il pezzo della pubblicità del Chivas Regal (“Heaven”) e per insegnarmi il significato e l’utilizzo della formula scelta per il titolo, “So Far So Good”.

Fino al 1993, era andato tutto molto bene con i videogiochi del Natale. Quell’anno, la situazione non sarebbe cambiata. C’era però da registrare un generale cambio di ritmo, impresso in origine dalla caduta delle barriere regionali già protagonista del Natale del 1992. Il 25 dicembre del 1993 era stato preceduto da un’ampia parentesi, a settembre. L’uscita di Street Fighter II Special Champion Edition, il gioco più atteso della storia dei giochi attesi (da queste parti), aveva in parte intaccato lo strapotere della festa comandata.

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Il Natale del 1992

Stesso posto, stessa gente, stessa console, ma nel 1992 era già cambiato tutto. Un anno dopo il debutto del Mega Drive al nostro civico, accompagnato da un paio di classici e un infiltrato, si torna sulle Dolomiti. Lo stesso posto è la stessa casetta in paese, a pochi passi da una sala giochi (ma negli anni ’90 quasi ovunque si era a pochi passi da una sala giochi) e con le solite giornate post-natalizie da colmare. Un po’ con lo sci, un po’ con il cibo, raramente con obblighi scolastici, spesso con i videogiochi capitati sotto l’albero il 25 (o il 24 sera/notte, come era più l’abitudine a quell’epoca, in casa nostra).

Le differenze, però, ci sono tutte. A novembre era stato il giorno di Sonic the Hedgehog 2, lanciato in contemporanea in tutto il mondo. Non ricordo bene perché, ma noi si era fatto il possibile e l’impossibile per poter giocare la versione giapponese. Una volta modificato il Mega Drive e acquistato il cavo SCART, ci si era aperto tutto un altro mondo. O, almeno, una serie di stanze extra collegate al salotto di sempre: stesso posto, ma ben più ampio e variegato.

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Il Natale del 1991

Di questi tempi, trent’anni fa, avevo trent’anni in meno e tre giochi in più. Come le vacanze di Natale del 1991, non ne hanno fatte più. Ci sono state altre annate di qualità eccellente e sono abbastanza sicuro che ce ne saranno altre pregiatissime, ma in maniera differente. Ecco, se la metrica fosse un’opinione, ci starebbe bene iniziare riadattando il ritornello de “Le vacanze dell’83” dei Baustelle, a quell’inizio di anni ’90. Però non ci entra nemmeno a smartellare forte, quindi missione abortita.

Il Natale del 1991 è quello del Mega Drive, frutto di dodici mesi di richieste disperate e accompagnato da un countdown simile a una tortura auto-inflitta. Mi ero segnato i giorni mancanti alla Celebre Discesa di Gesù sul diario di scuola (l’agenda rossa di Cuore, forse non del tutto tagliata su misura per uno di prima media) e ogni ventiquattro ore passavano ben più lentamente di questi trent’anni di distanza. Però è successo. Per una questione di ineluttabilità, a scanso di chiamate finali dell’Altissimo, è successo.

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Cross gen e remake: il salto da 16 a 32 bit

Non ho ancora trovato un posto per le raccolte di riviste di videogiochi, dopo l’ultimo (si spera in senso letterale) trasloco. Non ne sono rimaste tantissime, anzi: una parte significativa è stata donata qualche anno fa, un’altra è finita nell’inceneritore (si spera in senso letterale) molto prima, altre ancora attendono di essere elargite al soppalco della Kenobisboch & Associati quanto prima. Però Nintendo la Rivista Ufficiale, Game Power, Zeta, Electronic Gaming Monthly me le tengo. Anche se sono in mezzo ai piedi nella camera dell’inquilino e quindi ci sbatto contro le caviglie ogni tanto. Da un incontro fortuito simile nasce il bel racconto di oggi.

La serie sarebbe: “ma davvero l’ho recensito?”, se non fosse che so per certo di aver dato il via a una rubrica “ma davvero ho scritto questa roba?” anni fa, su questo blog, prima che venisse spazzato via tutto. E in sostanza si tratterebbe sempre della stessa pappa: non ricordavo di aver giocato e scritto di quel gioco lì… a tal punto che potrei, in effetti, averne scritto senza averci giocato. Anche ai (miei) tempi di Game Power si traduceva, che vi credete, con la deliziosa prosa british di Games Master a fare da materiale di partenza. In realtà mi è successo solo una manciata di volte, tutto sommato e in percentuale sono ben di più gli articoli realizzati ex novo appositamente, ma il rischio di non ricordarsi di Hardcore 4×4 (PlayStation, Gremlin) perché effettivamente potrei non averci mai giocato, esiste. Anche se in quel caso credo di averci giocato.

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