
Ci sono dei requisiti essenziali per prendere parte al festival karmico Insalatunes: bisogna aver portato a casa più di cinque dischi e bisogna essere perlomeno catalogati tra quelli che “non fanno sempre la stessa roba”. I Pearl Jam soddisfano senza discussione alcuna entrambi i criteri. E dopo essere balzati all’onore delle cronache di questo blog per il nuovo sottotitolo a base di cetriolo, si meritano anche la relativa insalata randomizzata.
La prima proposta è interessante e coraggiosa, niente celebri pezzi che hanno fatto la storia delle camice di flanella coi quadroni, ma “All Night”, una canzone che avrebbe voluto finire su “No Code” e invece si è dovuto accontentare di conoscere il grande pubblico attraverso “Lost Dogs” (2003). Non è la più rappresentativa dell’intera carriera dei PJ, ma perlomeno ha un bel po’ da dire sui Pearl Jam della seconda epoca, quelli alle prese con melodie meno immediate e riff di chitarra non propriamente “da stadio”. Che sia nata nei tempi “o la va o la spacca” del post-grunge (non come genere, come epoca) è lampante: non c’è nessun Jeremy a raccontare una storia, non c’è nessun inno generazionale, ma una batteria di padelle che Jack Irons percuote sistematicamente mentre Vedder tenta in tutti i modi di confondersi col tappetone sonoro. L’unico vero momento di eccitazione di McCready viene lasciato vivere sottotraccia, senza i clamori e i riflettori che avrebbe preso in altri tempi. Idealmente è tra le prime canzoni “col vocione” di Vedder, quello da ometto fatto, quello da quello che vuole diventare il nuovo saggio e intanto, per l’occasione, tira in lungo un lamento. iTunes sofisticato: per prendere parte all’insalatone PJ serve subito essere ben predisposti.