Adriano Celentano ha fatto più di una cosa buona nella sua esistenza, tra cui “I miei americani”, raccolta di cover semi-moderna che, per un periodo, ha girato freneticamente nell’autoradio di mio padre negli anni ’80. E da lì prendo il titolo del post per lo scritto oggi più che mai obbligatorio dedicato ai Beatles. Uno scrittino piccino picciò, in cui invero non si dice pressoché nulla, ma per festeggiare la ridiscesa in una stereo/mono-fonia tutta nuova della discografia… be’, si può anche fare.
Non funziona neanche arrotando con velocità maniacale la arrotellina dell’orologio: al 1937 non potete arrivarci. No, nemmeno con la DeLorean buttata a 88 miglia orarie. E, così facendo, perdersi momenti degni di una certa nota è questione di un attimo: la volata di Howard “Di Caprio” Hughes da Los Angeles a New York in sette ore e spiccioli, l’esecuzione di un certo numero di compagnucci di Trotsky in Unione Sovietica, le bombe su Guernica, la morte di H.P. Lovecraft… Ma anche la pubblicazione di “September in the Rain” del duo Warren/Dubin, proposta al mondo all’interno del film di Melton “Melody for Two”. Sì, splendido, ma chissenefrega? Che poi è tutta farina di Wikipedia e quindi, potenzialmente, inventa di sana pianta, no?
Sì, assolutamente. Ma oggi diamo un caloroso abbraccio peloso a settembre, che porta con sé del fresco e un sacco di voglia di ripartire verso un Super Enalotto che faccia ancora innamorare. Quindi l’occasione era anche buona per cercare dentro l’hard disk musicale canzoni con “September” nel titolo. E ha vinto “September in the Rain”, versione Lennon&McCartney (1962). Anche Babich è contento.
P.S. questa sera scrivo la terza puntata della storia strappalacrime di Nintendo la Rappresentanza Ufficiale. Tutti collegati col chinotto e i Ritz, mi raccomando, ci tengo.
Il vecchio Earl aveva ragione e alla fine i miei punti karma sono serviti a qualcosa. A voler fare i pulciosi precisi i punti sono anche stati ripagati doppi. Vado per salutare e assistere alla tumefazione-in-zaino di tutto quanto dovrebbe accompagnare Svampy in tre settimane di Arizona e torno con in braccio un mega cofano blu scuro in forse-finta pelle: la discografia completa dei Beatles. Da intendersi in senso letterale: i dischi, in vinile. Tutti. Dono assolutamente fuori catalogo, fuori previsione, fuori tempo, fuori tutto. In almeno tre occasioni di Amoeba Music mi sono fermato alla “B”, passando i dischi uno dopo l’altro, cercando di decidere da dove cominciare gli acquisti: in ordine cronologico? Dal “White Album” che è sempre il “White Album”? Da “Sgt. Pepper’s” che comunque, santa padella, che vuoi dirgli? O forse da “Revolver”, che ultimamente sto pensando che sia meglio di quegli altri due? Da dove da dove? Dal nulla, tre volte alla cassa con tutt’altro, senza il coraggio di prendere una decisione scarafaggiosa. E ora, grazie all’evidente squilibrio di generosità del Dott. Santilli Papà, tutti. Così, gratis. E’ all’incirca come vincere una lotteria a cui non ho partecipato e me ne vado dalle case (berlusconiane no?) di Brugherio con un po’ un senso di ingiustizia clamorosa, nonostante le rassicurazioni di Donna Lucia. Dopodiché arrivo a casa, tiro fuori “Please, Please Me” e lo lascio lì per un’ora. Dovrei aprirlo, ma non so come fare. Sono tutti belli incellophanati, non ho il coraggio di aprirli. Ma lasciare tanto ben di Dio imbustato è un delitto e dato che i dischi vanno sentiti e non sarcofagati, dopo un bel po’ sventro la prima pellicola, con un ritorno di odore plasticoso di qualche decennio fa. E ora sta girando contento, mai quanto me ovviamente. 🙂