Il problema di essere viziati è che prima o poi, di solito, finisce. Prendete il sottoscritto: una vita fatta di alzate decenti, ma di una decenza vinta sul campo. Il tempo calcolato per svegliarsi all’ultimo secondo utile e raggiungere la scuola (da fuori Milano fino in zona Stazione Centrale per otto anni) era frutto di prove, errori, tentativi, speranze e infine abilità. Negli anni teoricamente universitari (e mai tali) si è vissuto di notte e dormito fino a mezzogiorno. Mica per le discoteche e le pasticche, ma per collaborare con 715 riviste. E delle tenebre i padroni erano Mirc e Winamp, poi sonno placido dalle 04am in avanti. Infine la vita da assunto: e qui arriva il vizio.
Pur rimanendo nel rispettabile, l’orario era sufficientemente elastico da permettere di impostare la sveglia fino alle 9 e qualcosa, con treno alle nove e mezza. Oppure alle nove e mezza, quando sopravvivevo direttamente a Milano. Per chiudere, la fase “automunito”: si usciva di casa sempre tra le nove e le nove e mezza. Insomma, mattine tutto sommato rilassanti e nessuna reale alzataccia.
Ma dopo che il Diavolo c’ha messo il coda e il mondo è diventato più brutto, va anche benissimo doversi tirar su alle sei e mezza per raggiungere l’altra parte del mondo. Almeno fino a quando non fai un record difficile da battere. Oggi, sono, arrivato, alle, dieci. In auto.
Particolare da non sottovalutare: alle sette ero alla stazione del treno, ovviamente a piedi.
Il battito del diavolo è all’indietro
“Beat the Devil’s Tattoo” è un nome brutto, non è che si possa star lì a discuterci sopra. Ricorda i “titoli” di quelle band collegiali piuttosto sfigate, che prima decidono di iscriversi al college e meglio stiamo. Però è anche il nome scelto dai Black Rebel Motorcycle Club per il quinto album e per il primo singolo. Quel che serve al gruppo di San Francisco è dimenticare la discreta mestieranza di “Baby ’81”, l’inutile accozzaglia letteralmente noise di “The Effects of 333” e tornare a pucciare le mani nel rock folk di “Howl”, quello che l’ignorantissimo padrone del blog ha decretato quale miglior disco del 2005.
Per provarci i tre, di nuovo orfani di Nick Jago alla batteria, sono tornati negli studi di Philadelphia che diedero i natali proprio a “Howl”. Fuori Jago, dentro Leah Shapiro, che si suppone slegata dal nostro Shel e che compare piuttosto malandata nelle foto ufficiali. “Beat the Devil’s Tattoo”, l’album, arriverà nei negozi il prossimo 8 marzo. La canzone, invece, è già disponibile attraverso le pagine di Spinner, ed è un bel pezzo.
iMussolini: Dux Mea App
Forse è solo grazie alla sponsorizzazione (in)diretta di Corriere.it, che ha segnalato per ben due giorni l’applicazione dedicata al dittatore che fu, ma quel che è certo è che “iMussolini” è attualmente la seconda applicazione più acquistata dall’AppStore italiano. Un bel modo per ricordare al mondo la pochezza dello Stivale. No, ma dai, forse è solo sana voglia di storia. Di studio. Di documenti. Di informazione. Quindi è così dite? Sarebbe splendido, d’altronde quando ero lontanamente interessato allo studio ero pur sempre iscritto all’indirizzo StoricoQualcosa di lettere moderne. Ché a me mi piaceva la storia. Ma a quelli che hanno comprato iMussolini interessa pe’davero farsi una cultura o invece sono solo i soliti minchia cui qualche papà troppo più minchia ha regalato un iPhone/iPod Touch? Vediamo assieme i commenti che occupano tanto bello spazio sulla pagina dell’applicazione e tosti scopriremo che…
1 Song a Day: Debaser (Pixies)
Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile. Clicca qui per scoprire le altre canzoni del giorno.
Sceglietene una a caso da “Doolittle”, tanto vanno tutte bene. “Debaser” è il pezzo di apertura del secondo album dei Pixies, che si è ormai messo alle spalle ventuno anni (era il 1989). Ed è tuttora un classico che vagli a dire a qualcosa: dal giro di basso, dalla chitarra e fino alle voci che si danno il cambio e si incastonano felici. Tra il melodioso e l’urlaticcio, con quella carica di lo-fi così splendidamente organizzata tanto dal gruppo, quanto dalla produzione efficace di Gil Norton. Poi, già che ci siete, prendete anche tutte le altre e riascoltatevelo. Chiudete sintonizzandovi sul perfido Ticketone, per acquistare i biglietti del concerto a Ferrara di giugno, in cui l’intero “Doolittle” sarà protagonista pronto a lanciare amore ad ampie secchiate.
Debaser
Di: Pixies
Durata: 2′:53”
Dal disco: Doolittle
Anno: 1989
Guarda e ascolta: cliccando qui
Cose su questo blog: ancora nulla
C’è poco di più yuppie e quindi di più anni ’80 di Tom Cruise. Anche quando faceva l’avvocato coi dilemmi morali ne “Il Socio” o roba simile, che gli anni ’90 erano già cominciati, ma solo formalmente. Tutto perso come lacrime sul giacchino di pelle del nano che si muncica la placenta altrui? Mica vero.
A breve Goldfrapp (o “i Goldfrapp” o “la Goldfrapp”, vedete voi) tirerà fuori dai fusò il quinto disco, “Head First”, preceduto da ieri dal primo singolo: “Rocket”. E ora ditemi voi se non è tutto un “Top Gun” lì attorno. Dalla copertina alla canzone, passando ovviamente per il titolo. A seguire: la copertina dell’album (in uscita il 22 marzo).
Stiamo aspettando che il collegamento prenda un via utile, ovvero stiamo per registrare la nuova puntata dell’Outcast. Ma nel frattempo sono successe due cose belle e ho il dubbio su quale delle due debba vincersi la palma dorata. Quindi sottopongo entrambe le Figate Spazianti.
La prima è quella che segue:
Ed è un brano di Andrea Babich, meglio noto al grande pubblico come Andrea Babich. Già autore di altre canzonette, tra cui quelle a tema videogiocoso e marioso, molto natalizie, molto ti sarò devoto. Questa è tutta per il Sega Megadrive, per una tizia nuda, per l’eventuale Sega, Megadrive. Molto ottima secondo me.
La seconda invece è questa qua:
Ed è Eddie “se solo fossi omosessuato” Vedder che canta “My City in Ruins” di Bruce Springsteen. All’epoca proposta quale risposta piena di stars&stripes all’attacco del 9-11, oggi rivista e regalata alla popolazione devastata di Haiti. Potete comprarla sia su iTunes che sul sito ufficiale dei Pearl Jam e i proventi finiranno ovviamente in buone mani.
Io voto per un pari merito. Voi potete votare qua sotto.
Zavotteria 1: e il premio va a…
Come promesso si è appena tenuta l’estrazione della prima Zavotteria, la lotteria di Zave’s che ha fatto vincere 70 Euro a un tizio a caso, da spendersi per l’acquisto di un videogioco (o di più videogiochi per un equivalente di 70 Euro) da ricevere bello tosto a casa, senza muovere un dito.
Nove partecipanti si sono suddivisi le spese per il montepremi e Random.org ha vigilato sulla correttezza delle operazioni. Insomma, senza voler cianciare oltre annuncio con sommo rosicamento il nome del vincitore che è…
Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile.
Tutto l’amore della disperazione rassegnata in un minuto e cinquantatre, in quella che non è la canzone più conosciuta del duo scoppiato da secoli (ma che suona ancora assieme, ogni tanto, qua e là). “April come she will” è comunque di un delicato e di un violento che metà ne basta. Posizionata strategicamente tra i toni classicissimi (per loro) di “A most peculiar man” e prima dell’esplosione groovosa di “We’ve got a groovy thing goin'” (che maremma, ascoltatela ieri se non l’avete mai ascoltata), “April come she will” è perfetta per qualsiasi giornata grigia e bigia. Ma con tanto sentimento dentro, dietro e tutto attorno.
April come she will
Di: Simon & Garfunkel
Durata: 1′:53”
Dal disco: Sounds of Silence
Anno: 1966
Guarda e ascolta: cliccando qui
Cose su questo blog: proprio nulla