Freddy Mercury stava morendo e loro davano gli ultimi ritocchi a una campagna di lancio epocale. Talmente d’epoca, che era proprio un altro mondo: quella di allora era una Sega migliore. La esse maiuscola serva a uccidere sul nascere qualsiasi mediocre battutina e a rimarcare la qualità che contraddistingueva il marchio nel 1992. Perché è nel novembre del 1992, a pochi giorni dalla scomparsa terrena del baffone di Zanzibar, che Sonic Team e i responsabili marketing dell’etichetta blu danno alle stampe (prima) e in distribuzione pan-mondiale (poi) Sonic the Hedgehog 2. Se mai Sega aveva avuto tra le mani un nome importante e un progetto da non sbagliare, era stato proprio Sonic 2. Prima del porcospino, niente, nessuno e nulla aveva rappresentato tanto nelle librerie intellettuali del gruppo giapponese. Sega non sbagliò.
Con zillioni di dollari, yen (e altre sessanta valute) spesi, tutto il mondo che videogiocava sapeva cosa sarebbe successo da lì a breve. E tutto il mondo che videogiocava avrebbe anche avuto la possibilità di pucciarsi nuovamente nel mondo di Naka senza attesa alcuna: Sonic the Hedgehog 2 arriva nei negozi dei tre mercati (Asia, Nord America, Europa) pressoché in contemporanea. Miraggi per l’epoca, miracoli se si pensa ai dubbi e ai continui tentennamenti della Sega distrutta da se stessa negli anni.
Categoria: Videogiochi
Paolo Paglianti è Neon, o meglio, era Neon. Era Neon sedici secoli fa, quando l’ho conosciuto sulle pagine di Game Power, che K lo leggevo di meno. Ma K è stata la mia prima rivista di videogiochi vera e propria, che ho comprato intendo, quindi vale anche lei. Oggi è “solo” Paolo Paglianti, per gli amici ha un sacco di soprannomi divertenti che lui non trova divertenti. Quando succede che non trovi qualcosa divertente, Paglianti lancia dei fatti: può essere un martello, una vera-finta spada, una cassettiera o una stampante. Nonostante le sicurezze garantite dalla provvisoria distanza tra la mia e la sua ubicazione, preferisco non utilizzare quindi quei soprannomi. Spero che qualcuno lo faccia nei commenti.
Ecco, comunque Paglianti è Mr. GMC, Nostro Signore di Giochi per il Mio Computer da una valanga e mezza di tempo. Quindi ha senso chiedergli cosa sia successo, com’è arrivato a raccattare 14.000 punti di GamerScore su Xbox 360 in soli sei mesi. Potrebbe essere solo l’ultima, e inutile, conferma della natura bastarda della “console” di Microsoft. Oppure potrebbe essere qualcosa di peggio. Ah! Dentro si parla anche del ToSo, che fa sempre piacere perché fa sempre ridere come la prima volta. Buona lettura.
Sempre da TinyCartridge.com, un’altra di quelle belle illustrazioni che fanno tanto medioevo dei videogiochi. Il periodo del fascino e del dolore. Firmata da Omar Dogan, questo operina dedicata a Ibuki e Makoto (recentemente annunciate nel roster di Super Street Fighter IV) saprà farsi ben volere dopo un clic.
Onorevoli convenuti: la qui presente recensione di Dante’s Inferno è a opera di Shrapnel, che qualcuno conoscerà meglio con il soprannome di “Shrapnel”. Lo avete forse visto su Area21.it, più probabilmente in zona Super Console (lì usava come nick “Erik Pede”), Videogiochi o PSM (ma anche NRU volendo). Comunque questa roba è sua ed è bella.
Nonostante la faccenda sia effettivamente sin troppo appropriata per risultare casuale in modo convincente, e non studiata a tavolino, Dante’s Inferno ha, come il Lucifero dantesco, non una, non due, bensì addirittura tre facce. La prima faccia è ovviamente quella del clamore, della polemica, dell’eccesso e dell’estremizzazione. Ancor prima dell’uscita nei negozi, Dante’s Inferno ha scatenato la solita dose di casino per via della sua ultraviolenza, per gli spargimenti di sangue, perché si ammazzano i bambini non battezzati (c’è persino un Trofeo volto a premiare chi ne annienta almeno un tot) e per un miliardo di altre ragioni più o meno condivisibili, ma comunque interessanti per il pubblico medio dei telegiornali.
S’è anche parlato, peraltro non a torto, della scarsissima aderenza del gioco al materiale d’origine, ma in questo senso ci sarebbe da chiedersi cosa diavolo ci si aspettava da un titolo d’azione, no? Dante’s Inferno non può e non vuole essere un vero adattamento dell’opera del divin poeta in chiave videoludica, limitandosi a sfruttare le idee più dinamiche della Commedia quali fondamenta per il classico gioco caciarone. Sull’estremizzazione, invece, si potrebbe anche discutere: i nudi abbondano, le fattezze di alcuni avversari sono provocanti all’eccesso (e non solo in senso prettamente sen/ses-suale), Lucifero se ne va a zonzo con il salsicciotto all’aria aperta e il tutto, spesso e volentieri, appare decisamente gratuito, perlomeno all’occhio dell’addetto ai lavori che capisce, più o meno, quando qualcosa viene aggiunto soltanto per generare rumore, hype.
Ma in fin dei conti, chi se ne frega: le ambientazioni sono interessanti, la tecnica con cui sono costruite (fondali bidimensionali allestiti con texture animate) pure; e l’eccesso, a ben vedere, sfocia sovente in quella sorta di kitsch che in un videogioco, tutto sommato, si può anche accettare.
Se non mi hanno lasciato a terra, a breve si consumerà la prima sessione multiplayer a Bioshock 2 coi miei amichetti che sanno giocare a queste cose. Io non sono bravo negli sparatutto in soggettiva, ho finito Halo 3 e Halo: ODST proprio perché ci si giocava in modalità IRC-ma-con-le-figurine-che-si-muovono. Però a Bioshock 2 ci sto giocando, ho cominciato un paio di giorni fa.
Me lo hanno spedito gratis, perché tutto sommato sono ancora un italiano con le mani in pasta. Però avevo promesso di parlarne sul blog. Ma male, come avevo anticipato. Quindi partiamo dalla prima roba brutta che mi viene in mente e che mi ha accompagnato in questo lunedì in cui mi faccio domande sulle sorti del quarto Malaussène di Pennac.
Ecco, per iniziare: bello come sempre tutto l’immaginario eh, figurarsi, ma di quello magari ne parlo in un altro post così ne faccio tanti e sembra un blog super interessantissimo. Ma il Big Daddy invece? Intendo proprio il Big Daddy me, quello che pensavo di dover smuovere con lo stick di sinistra, che invece muovo agilmente senza grossi problemi. Insomma, sono o non sono un barilone di metallo arrugginito? Quindi com’è che ho suppergiù la stessa agilità di cui ricordavo dotato il protagonista (assai meno di latta bardato) del primo capitolo? No, la sensazione non è affatto resa con successo o intelligenza: ti ricordi di essere un palombaro vecchissimo stile e dinosauroso solo quando atterri da qualche salto, per il rumore dei piedoni d’acciaio rivestiti, più che per la reale sensazione di pesantezza.
X10: Fable III
Il potere del tocco secondo Peter Molyneux, che arriva decisamente tardi, sorpassato nei secoli dalla gente che fa la mano morta sui tram e perlomeno da Nintendo col DS e da Apple con i suoi iQualcosa. Però sarà proprio toccando gli altri personaggi col proprio che, secondo l’ex di Bullfrog, si porteranno a casa risultati troppo strampalati. In Fable III ovviamente. E magari sfruttando lo stick analogico di destra che piace tanto al papà-pappa-padrone di Lionhead. Per intanto occorre fare una sola cosa, anzi due: prima guardarsi le immagini qua sotto, che magari piacciono; poi eventualmente sorbirsi il primo “Video Diary” al sito ufficiale.
X10: Crackdown 2
Voleva solo essere Super Mario col fucile. Quindi, tutto sommato, avrebbe voluto un po’ anche fare il Shadow the Hedgehog nell’omonimo gioco, quello per cui la convenzione di Ginevra andrebbe modificata e ritoccata. Invece è ancora lui, loro, essi: i protagonisti di Crackdown 2, l’unico gioco di esplorazione architettonica verticale (Mirror’s Edge è più orizzontale tutto sommato, come Faith nei vostri fumetti sui quaiderni, dannati depravati!). All’X10 Microsoft e Ruffian Games hanno distribuito nuove immagini del secondo capitolo di quella che quindi diventa una serie, specificando anche che: si potrà giocare in cooperativa in quattro (evviva la vita!), ci sarà la possibilità di utilizzare un elicottero e, con altre risorse, pure di planare docilmente nei cieli. Pur per periodi limitati. Senza dimenticare i nuovi “renegade orbs”, orbi che fluttuano in giro, anzi che si fanno i giri. ‘Sti matti!
E ora indovinate che c’è qui a seguire?
X10: Halo Reach (aggiornato!)
“Halo” era bella quando era tra virgolette, ovvero quand’era la canzone dei Depeche Mode (“Violator”, 1991). Ma facciamo finta che invece siate interessati all’Halo, al Master Chief, addirittura alla trama e a quelle robe lì, quelle che hanno aiutato a forgiare il miglior sparatutto in prima persona per console di sempre. Almeno così dicono quelli a cui piace il genere, che però magari potevano anche star lì a parlare di 007: GoldenEye di Rare ma… ma chissenefrega. Torniamo a Reach, la cui beta si aprirà il 3 maggio prossimo venturo. Ecco, quindi in attesa degli screenshot ora vi potete dedicare alla copertina e quindi al fact-sheet. In rigoroso ordine inverso di apparizione.
X10: Alan Wake
C’è anche il tizio col giumbotto di Remedy, all’X10 di San Francisco. Un po’ “Misery non deve morire” e un po’ “Alone in the Dark invece si”, il nuovo trailer (qua in fondo) dell’atteso gioco d’azione non è che faccia proprio gridare al miracolo. Cioé, a me no perlomeno. Tanto che ieri sera è stato ribattezzato Alan Puré nella coltissima discussione con altri due tizi sul Google Buzz. A proposito di Google Buzz, ne parliamo? Si, ma magara in un prossimo post. Ora invece spazio alle immagini tutte nuove di Alan Wake, che arriverà il 21 maggio e che potrà come sempre essere preordinato. Anzi, solo così facendo si potrà scaricare un bel tema brutto per la dashboard di Xbox 360, un DLC esclusivo (“Bright Falls”) e robe circa simili (ah si, la maglietta per l’avatar).