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La mia vita a NRU-State [1]

NRU Zero: Mario in 3D, bollino, c'è tutto.
NRU Zero: Mario in 3D, bollino, c'è tutto.

In tutte le edicole è in dirittura d’arrivo il novantacinquesimo numero di NRU: Nintendo la Rivista Ufficiale. Per la prima volta* non comparirà nemmeno un mio articolo, non avrò studiato alcuna bozza di timone e, in generale, non avrò partecipato nemmeno per mezzo secondo alla stesura del numero. Dopo sette anni passati a fare esattamente quanto detto sopra, non è cosa da poco. E infatti, volendo, sono qui coi lacrimoni. Invece no! Maschio-maschio-maschio, non si guarda indietro! Invece sì, si guarda indietro. Questo lungo, spero lunghissimo (ma forse mi annoio tra cinque minuti e si riscopre brevissimo) post vuole essere un piccolo tributo al mio fu-lavoro. A quelli che spero ardentemente non siano stati i migliori anni della nostra vita (altrimenti mi ammazzo ieri), ma che comunque insomma… proprio da buttare non sono. Ma anche un conclusivo in culo alla balena all’attuale redazione di NRU, che si spera ardentemente riesca a fare quanto di meglio sia lei possibile nonostante le pessime condizioni ambientali. Perché intendiamoci, non fosse stato per quelle, sarei ancora dietro al suddetto timone e a decidere con Ughetto che disco ascoltare questa mattina (non proprio questa, che è domenica e subito tutti a pensare al retrosessismo, ma ci siamo capiti). Una panoramica dei numeri di NRU che hanno avuto più senso per il sottoscritto, mentre in sottofondo parte maestosa “Stand Inside Your Love”. Meglio di così era impossibile. 
Prima di partire, ultima nota: quella che vedete in apertura di post è la copertina (sempre responsabilità di Trust) che mai fu. Una sorta di finta copertina per un inesistente numero zero. Ci piaceva, l’ho salvata durante il cataclisma Sprea e ora se ne sta placida appesa nell’ingresso di casa mia. Morissero tutti (male).

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PlayStation 3 Slim: voglia di vivere

PS3: inizio settembre, 299 Euro, identica a PlayStation 3.
PS3: inizio settembre, 299 Euro, identica a PlayStation 3.

Bloggheria al volo da Osnago che si era dimenticato di Colonia. Sony ufficializza quello che Pulcinella aveva tenuto segreto a modo suo: dalla prima settimana di settembre, in tutti i negozi specializzati dei tre mercati di riferimento, sarà disponibile PS3. Ovvero la PlayStation 3 striminzita che troneggia qua sopra. Non è la foggia quel che conta, ma il prezzo: 299 dollari statunitensi che, come sempre per magilla, diventano 299 Euro da queste parti. Il futuro dimagrimento dello scontrino è evidentemente l’ultimo tentativo concepibile per Sony per cercare di raggranellare non soldi, ma preferenze. Eppure, così a casaccio, non è né il prezzo, né la forma ad aver determinato l’ultima posizione di PlayStation 3 nella corsa al trono dei giochini.

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You’ve got your problems, I’ve got my…

Weezer - The 8-bit Album
Weezer - The 8-bit Album

“Do you remember that dream you had, where the sound chips from the beloved games consoles of your youth all got together and formed a Weezer tribute band? Yeah? No? OK. That dream is about to come true whether you had it or not.” (The Pterodactyl Team)

This one goes out to the one che fa roba di questo tipo, ovvero Fabietto. Anche un po’ Flavietto (Flx), ma dubito che segua questo già straordinario blog, quindi nulla. Insomma, in una due-giorni di ascolto ripetuto e piuttosto goduto dei Weezer (ché ogni tanto succede di impuntarsi nuovamente su di un’intera discografia per qualche giorno, come già detto), succede anche di ritrovarsi improvvisamente di fronte a uno di quegli esperimenti da splendidi sfigati che è la… micro music? Micro Computer Music? Se Fabio sa la nomenclatura esatta (e la sa), che parli ora o taccia almeno fino alla fine di una delle tracce che trovate gratuitamente qua. Una sorta di raccolta, un “del meglio del nostro meglio” dei Weezer, assemblata e riletta in chiave retro-videogiocosa da un po’ di gente (in apertura di post: “In the Garage”, da “Weezer” – 1994). Non è che sia tutto luccicante d’oro, ma insomma, c’è del bello qua e là. Oggi si parte per le vacanze, quindi probabilmente sarà tutto un “post veloci” tipo le Spigolature de La Settimana Enigmistica. D’altronde è gratis anche il blog, e poi sento dentro molto forte che Travolta può darmi ulteriori soddisfazioni.

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Lavoro Videogiochi

Frances Farmer non dorme mai

Il tizio usa farsi chiamare come un celebre personaggio di Travolta.
Il tizio usa farsi chiamare come un personaggio di Travolta.

Disclaimer: un post fastidioso, noioso, per un argomento fastidioso, noioso.

Oggi sono andato a dare del cialtrone a uno su un sito internet. Un sito internet che parla di videogiochi. Dato che proprio del tutto disinformato sull’argomento non sono, all’ennesima uscita del tizio, ho scritto sul relativo forum quel che ne pensavo. In un thread in cui si propagandava il rispetto per tutti e l’assoluta mancanza di ogni forma di censura, è finita che il thread stesso è stato chiuso (solo per poi venir aggiornato con almeno un messaggio di uno dello staff del sito, messaggio a cui era naturalmente impossibile rispondere). Dopo un paio d’ore iniziano a fioccare messaggi privati nella casella del mio utente su quel sito/forum. Ci sono un paio di “smettila di dire cagate” e via di questo passo. Ma il non plus ultra si raggiunge con la lunga lettera (sgrammaticata, ma ormai mi sono rassegnato in questo senso) di uno dei tizi che lì dentro fanno cose e vedono gente. Uno che mi aveva dato del “lei” in tutto il thread e continuava a farlo. Uno che, quando gli ho risposto per filo e per segno, ha pensato bene di scomparire fino alla chiusura del thread. Ecco, il pazzo scriteriato (e sprovvisto di un CV che mi faccia supporre che abbia una qualche conoscenza relativa al campo in cui opera – ma spero che colmerà presto la lacuna rendendomi edotto in merito), si lancia in ennemila accuse. Oh, ce ne fosse una che non suonasse come una monumentale cazzata.

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Lavoro Musica Videogiochi

Quella muta di cani impazziti

Weezer e Muppets, dei grandi bei buffoni. Loro.
Weezer e Muppets, dei grandi bei buffoni. Loro.

In Italia, ma forse nell’intero pianeta, non serve saper fare le cose per farle. Basta farle. E la semplice condizione di averle fatte giustifica una valanga di gente nel momento in cui si autodefinisce abile, arruolata e capace. E’ con vivo disappunto e un misto di “madonna santa che schifo” che registro l’ennesima brutta faccenda. Ma, d’altronde, la storia insegna e magari, a dio piacendo, tornerà a raccontare qualcosa di davvero gagliardo a breve. Nel senso che, magari, a breve, cadrà un bel masso in testa a questi poveracci.
Il post è inutile, ok. Ma d’altronde o così, o Pomì. Dove con “Pomì” si intende uno spataffio di ennemila caratteri di rantolio infastidito e inacidito. Che comunque spero ardentemente di portare a compimento prima o poi. Intanto, e per fortuna, oggi la giornata è completamente salva grazie all’installazione in ufficio di un hard disk-one esterno con un centinaio di giga di musica e il lancio dell’intera discografia dei Weezer tutta bella di fila. Che oltretutto è la colonna sonora migliore per tanta, ridicolissima, miseria.
Miseria che, peraltro, può essere di un qualche interesse (scatologico, certo) a chiunque abbia bazzicato i luoghi per qualche periodo, breve o lungo che sia. Quindi via, divertitevi.

P.S. Davvero, il post è ignobile. Si spera in qualcosa di meglio e con dell’interesse per più di cinque persone domani.

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Variopinto Videogiochi

Samus Aran eat Samus Aran

Samus Aran: lei, il suo amore per le gatte
Samus Aran: lei, il suo amore per le gatte

Dave Eggers mi piace. Non per i suoi riccioli ricciosi. Non per le potenziali belle macchine con cui si trascina mollemente nella Bay Area e nemmeno per tutta la questione meta-librica che è seguita alla pubblicazione della quasi-biografia. Gli voglio bene, invece, proprio per la quasi-biografia (“Opera struggente di un formidabile genio”). Abilità nella scrittura caratteristica di chi davvero ne sa a bizzeffe, l’Eggers si è preso i miei soldi anche per “Conoscerete la nostra velocità” e le raccolte di racconti. La vergogna, il lurido segreto che mi porto dietro, è che “What is the What” (il terzo romanzo) non l’ho mai finito. Ma succederà.
Per intanto sono iscritto alla newsletter di McSweeney’s, il circoletto dellle giovin promesse dell’Eggers. Che ogni tanto regala qualcosa di interessante (mica vero, non ho mai letto nulla di quelle mail). Oggi, per dirne una, c’è un tizio che sostiene convinto l’omosessualità di Samus Aran e lo comprova producendo un depliant politico vergato (mai termine fu meno adatto) dalla stessa cacciatrice di taglie intergalattiche. Qui il link per l’intera avventura fatta di parole. Qui sotto un pezzettino.

Metroid’s Samus Arans Speaks About Gay Marriage – Marco Kaye

My upbringing was nontraditional, to say the least. Orphaned at childbirth, after a dragon named Ridley slaughtered my parents, I was brought up on the planet Zebes by an alien race known as the Chozo. Half-bird and half-human, my Chozo surrogates taught me that gender, relationships and sexuality do not follow rigid rules. “Women are warriors,” my Chozo parents would squawk as they trained me for battle, “Now go practice your ice beam on the Metroids in the basement.” The Galactic Federation hired me as a bounty hunter to eradicate the Mother Brain. I kept my femininity a secret, hidden under the bulk of my Power Suit. While it felt liberating to reveal my true self to the universe after completing my first mission twenty years ago, there is something else I have been hiding: I am a lesbian.

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Videogiochi

L’era dei pubblivori

Depeche Mode in Left 4 Dead 2
Depeche Mode in Left 4 Dead 2

Avevo  promesso a me stesso che, al terzo sollecito, avrei placidamente saldato il canone Rai. No, in realtà avevo detto “al secondo sollecito”, ma poi mi sono fatto prendere la mano. Sull’assurdità di una simile struttura televisiva e di relativa tassazione avranno speso parole pesanti, importanti e soprattutto informate una quantità di persone più alto locate. Con buone ragione. Io sottolineo solo che non ho scelto di usufruire del servizio Rai, che non concepisco una presenza di interruzioni pubblicitarie solo marginalmente inferiore a quella delle cosiddette televisioni commerciali (a fronte però di circa 100 Euro di abbonamento) e quindi non vedo perché mai si debba mettere in piedi la pantomima del canone, soprattutto se spacciato come abbonamento, per l’appunto. E’ una tassa. Comunque sia, non è questo l’argomento, questo è lo spunto.

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Videogiochi

Super Chase H.Q. (Super Nintendo, 1993)

Special Criminal Investigation (coin-op, 1989)
Special Criminal Investigation (coin-op, 1989)

Un giorno tutti ti vogliono bene, si appuntano al petto la spilla col tuo logo e gridano ai quattro venti che, potessero, rinascerebbero Bub. O, mal che vada, Bob. Poi finisci nel nulla, più inutile di una comparsata a “Meteore” di Gary Coleman. Nel caso di Taito è stato tutto uno scintillare negli anni ’80, per crollare rovinosamente una volta che la storia ha chiesto all’etichetta giapponese di evolversi un po’, per non finire schiacciata dall’ammodernamento. E invece Taito è stata spalmata, sopravvivendo oggi come boccone neanche troppo prelibato nel piatto di Square Enix (che l’ha acquisita nel 2005) e provando a farsi volere bene con qualche riedizione riuscita (Space Invaders Extreme) o meno riuscita (Arkanoid DS, Arkanoid Live!).

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Megadrive: quando, come, perché

Il sinonimo blu del Megadrive, prima di farsi di crack.
Il sinonimo blu del Megadrive, prima che si facesse di crack.

Disclaimer: lunga tirata della tristezza dei tempi che se ne vanno e “io avevi questi giochi qua!”.

Che botta tremenda! Il Megadrive ha vent’anni negli Stati Uniti (per festeggiare la doppia decade dal lancio in Europa bisognerà aspettare un anno) e su internet se ne parla. Si scrivono dossier, si cavalca possenti l’onda malinconica, ci si arrabatta attorno a wikipedia e GameFaqs per ostentare una certa conoscenza della materia. Tutto inutile, dato che poi quel che conta è sempre lei, la sfida nella sfida, l’insulto sistematico, il confronto puberale, la violentissima “console war” pre-Web. Prima ancora di passare all’anagrafe per farsi assegnare un titolo dalla Grande Rete, la strutturata serie di insulti al prossimo e alle sue scelte nel campo degli hobby (che, naturalmente, a quell’età non sono tali) si muoveva viscida e ambiziosa tra i banchi di scuola. O al campetto da calcio in fondo alla via. Ma se avete fatto parte di quella storia, se per sbaglio, anche solo per cinque tragici minuti, vi siete abbandonati alla lettura di una rubrica della posta pescata a caso dalle due (due) riviste di videogiochi ai tempi esistenti in Italia… allora sapete che non ce n’era. Certo, okkei, Mario e Sonic, “a me piace quello”, “ma vuoi mettere con questo”, “si ma tua sorella l’ho vista col tamarro col Fifty l’altra sera”, “solo perché andava a dare il resto a tua madre”… e giù calci nei denti. Vabbene tutto, ma il piantone, l’albero maestro che teneva dritto il fallatissimo galeone dell’insulto da videogiochi, ai tempi di Megadrive e Super Nintendo, era uno. Solo uno: “il Super Nintendo ha più colori e poi c’ha il Mode 7 e il chip audio è troppo avanti” – “Bella, allora giocati uno sparatutto a caso, tanto rallentano tutti, che tenete il processore di una calcolatrice”.

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