In 1988 Depeche Mode were on the top of the world: their sixth LP, Music for the Masses, quickly rose to the top of the charts everywhere, culminating in an astounding worldwide tour. But something was about to change: later that year Alan Wilder started a collaboration with italian comic Francesco Salvi, “the italian answer to Andy Kaufman”, as they already were calling him. Toghether they wrote and recorded one of the most prominent song of the late eighties: “C’è da spostare una macchina”. Wilder, deeply touched by the experience, hold on for just two more LPs with Depeche Mode (the mostly disappointing Violator and Songs of Faith and Devotion), finally leaving the band in 1995. Francesco Salvi became Italy’s prime minister in 1998.
Categoria: Variopinto
Giovane Vs. Giovane
Qui ci va una premessa d’obbligo: qualche tempo fa mi si apre una finestrella su MSN, o forse su Google Talk. Uno di quelli lì insomma. Tale Enrico Procopio inizia a “parlarmi” come se ci conoscessimo, ma io Enrico Propocio non lo ricordo proprio. Cioé, il nome un po’ sì, e non lo sto nemanco sconfondonendo con Enrico la Talpa del Lupo Alberto. Che ora che mi viene in mente Lupo Alberto mi sento già morto dentro. Ma la pubblicità di Lupo Alberto col preservativo se la ricorda qualcuno? Oltre alla gallina dico. Comunque, Enrico Procopio continua a parlare, io intanto faccio finta e studio: scopro che è uno che ha lasciato dei commenti su questo blog. Scopro anche che ha diciassette anni, il che vuol dire che ha contravvenuto alla regola per cui non si può nascere dopo il 1984, l’avevo già segnalata e resa effettiva qualche anno fa, ma che ci volete fare… Comunque, questo tizio legge il blog, leggeva Nintendo la Rivista Ufficiale (non Game Power e le altre, ché è un regazzino tutto sommato) e vuole far passare il messaggio che mi stima un casino (citazione dal tizio là della TV). Non lo dice, ma lo lascia intendere, che tutto sommato è pure peggio (se possibile). Ha anche fatto un post sul suo blog in cui minaccia inchieste a caso, cioé, fate voi.
Poi scopro, parlandoci, che a diciassette anni si interessa di politica. Lì capisco che abbiamo perso tutti: quando un ragazzo giovane (con una “g”) si interessa di politica c’è solo da fermarsi, guardarsi negli occhi e cercare di capire assieme dove e come abbiamo sbagliato. Comunque, nonostante questo, decide di prendermi sul serio quando gli dico di intervistare un altro giovane ai suoi ritrovi di comunisti. Lo fa. Cioé, finge di farlo, in realtà parla con se stesso e partorisce quanto segue. Buona lettura, eventualmente.
Zzzoot: fulminini in azienda
“Zzzoot – Fulminati in Azienda” è un momento importante, perché è il primo risultato serio portato a casa da questo blog. Dico, tralasciando i soldi che gli sponsor cercano disperatamente di infilarmi in tasca. Bene, dopo averne parlato facendo riferimento alle trasmissioni che Radio24 dedica al libro, qualcuno si è amorevolmente preoccupato di farmi avere una copia del libro da cui tutto ha avuto origine. Io, da bravo reporter che lavora a gratise, mi sono agilmente salito i venti capitoletti più epilogo e quindi ora ci scrivo sopra tre righe tre.
“Zzzoot – Fulminati in Azienda” è un racconto dai toni ironici, ma anche una skin. Una pelle creata ad hoc o un’armatura (invero piuttosto leggera) in cui il consesso di autori ha infilato le proprie conoscenze in fatto di management, gestione d’azienda, consulenza e fatti simili associati. Il perché si sia scelto di mascherare il tutto dietro la forma del racconto volutamente inverosimile (solo nelle misure, non nell’essenza dei fatti) mi rimane francamente misterioso. Perché è proprio in tutto ciò che c’è di accessorio che “Zzzoot” non funziona poi un granché. Gli autori sanno di ciò di cui scrivono, ma nella sua forma più formale (whoops) e ufficiale, per così dire: quando decidono di colorarla a festa per dare vita a un piccolo mondo alternativo, perdono decisamente in efficacia e ispirazione.
Paolo Paglianti è Neon, o meglio, era Neon. Era Neon sedici secoli fa, quando l’ho conosciuto sulle pagine di Game Power, che K lo leggevo di meno. Ma K è stata la mia prima rivista di videogiochi vera e propria, che ho comprato intendo, quindi vale anche lei. Oggi è “solo” Paolo Paglianti, per gli amici ha un sacco di soprannomi divertenti che lui non trova divertenti. Quando succede che non trovi qualcosa divertente, Paglianti lancia dei fatti: può essere un martello, una vera-finta spada, una cassettiera o una stampante. Nonostante le sicurezze garantite dalla provvisoria distanza tra la mia e la sua ubicazione, preferisco non utilizzare quindi quei soprannomi. Spero che qualcuno lo faccia nei commenti.
Ecco, comunque Paglianti è Mr. GMC, Nostro Signore di Giochi per il Mio Computer da una valanga e mezza di tempo. Quindi ha senso chiedergli cosa sia successo, com’è arrivato a raccattare 14.000 punti di GamerScore su Xbox 360 in soli sei mesi. Potrebbe essere solo l’ultima, e inutile, conferma della natura bastarda della “console” di Microsoft. Oppure potrebbe essere qualcosa di peggio. Ah! Dentro si parla anche del ToSo, che fa sempre piacere perché fa sempre ridere come la prima volta. Buona lettura.
Promozionale: Jonson Brothers
Conosco uno che conosce un tizio che è troppo bravo coi synth. Poi c’è un’altro il cui fratellino più piccolo ha una reflex da ottomila Euro, zincata in kriptonite, che l’altra sera Corbijn gli ha chiesto l’amicizia su Facebook. L’ha rifiutata. Insomma, tutti questi sei gradi di separazione da gente in gamba… finalmente ho trovato anche io qualcuno da spammare promozionare senza ritegno: quelli responsabili della WebCosa (avrà un termine più tecnico, ma tanto non gli si sta più dietro a ‘sti neologismi della grande rete) “Jonson Brothers“. Fondalmentalmente sono fatti-YouTube. Qua sopra (facendo click sull’immagine, capre!) c’è linkato l’episodio 1.3, che è caruccino caruccetto. Pure in 720p, che insomma oh, essendo gratis mica lo butterai via? Potete anche guardarvi gli altri, io credo di conoscere uno dei tizi responsabili della questione, quindi ho anche io le amicizie che contano. Perché Miyamoto non si ricorda mai di me e quindi non vale. Sad panda…
Ma lo sapevate che Beppe Severgnini è interista? No? Be’ ma è clamoroso! Vi assicuro che è interista! Lo ha scritto lui sul Sette di oggi. O forse era sul Corriere di ieri. O forse su Style di settimana scorsa. Sempre che non mi stia confondendo con Vivimilano di otto giorni fa. Anche se ci sono buone possibilità che si trattasse del Corriere di lunedì. Eh si oh, un paio di volte gli è scappato di accennare alla cosa, fuori contesto. In qualsiasi altro contesto, ovunque, sempre, cheppalle. Presente la battuta sulle polveri sottili che si faceva quando i nerazzurri hanno vinto una Coppa Italia qualche anno fa (dopo eoni di buio) e le bandiere riposte in soffitta sono tornate a sventolare a Milano? Esattamente la stessa cosa.
Beppe Severgnini, che gli si vuole bene anche se non so esattamente il perché, forse perché è troppo intelligente per essere come Vincenzo Mollica e troppo patatone per volergli davvero qualcosa di male (tipo che gli si slaccino le scarpe per strada, queste cose brutte). Beppe Severgnini, dicevo, è un bell’argomento blogghico, ce ne sarebbe da dire, e per cominciare si può proprio partire da questo suo essere uno dei tifosi interisti più fastidiosi della storia. Sullo stesso piano dell’attuale Dr. Manate e di un AleGalli che fino a qualche anno fa era semplicemente davanti a tutti (ciao Aleganza, mio unico amministratore delegato).
Poi appena mi scende il fastidio provo anche a fare l’elogio funebre di Sette, del nuovo Sette già vecchio. Sulla cui bara c’è il bel sigillo in ceralacca con la sigla: “Bsev”. Buongiorno, intanto.
Ggiovani: un editoriale
Un paio di giorni fa mi è arrivato il primo numero di “Wired”, docile frutto dell’abbonamento regalatomi a Natale dalla tizia lenta a scrivere. “Wired”, d’ora in avanti, verrà chiamato col suo vero nome su questo blog: “Ggiovani”. Ecco, me lo sono già letto un bel po’, ma per cominciare punterei senza esitazione all’editoriale che apre l’edizione di febbraio di “Ggiovani”. Perché non serve molto altro, almeno per ora. Senza commento, che credo si commenti da solo in più punti. Forza “Ggiovani”. E Forza Andrea da Catania! Anche se senza video e cuscino.
Qualcuno ha un iPad
iMussolini: Dux Mea App
Forse è solo grazie alla sponsorizzazione (in)diretta di Corriere.it, che ha segnalato per ben due giorni l’applicazione dedicata al dittatore che fu, ma quel che è certo è che “iMussolini” è attualmente la seconda applicazione più acquistata dall’AppStore italiano. Un bel modo per ricordare al mondo la pochezza dello Stivale. No, ma dai, forse è solo sana voglia di storia. Di studio. Di documenti. Di informazione. Quindi è così dite? Sarebbe splendido, d’altronde quando ero lontanamente interessato allo studio ero pur sempre iscritto all’indirizzo StoricoQualcosa di lettere moderne. Ché a me mi piaceva la storia. Ma a quelli che hanno comprato iMussolini interessa pe’davero farsi una cultura o invece sono solo i soliti minchia cui qualche papà troppo più minchia ha regalato un iPhone/iPod Touch? Vediamo assieme i commenti che occupano tanto bello spazio sulla pagina dell’applicazione e tosti scopriremo che…