In un post di tanti blog fa mi lamentavo dell’incessante peggioramento della qualità della vita. Segnale tipico di chi invecchia precocemente. E se allora il male era la morte del momento “esco e mi compro il disco che sto aspettando da un pezzo”, mi accorgo solo ora, all’alba (quasi ci siamo) delle tre e zeroquattro di mattina, che anche il secondo in cui finisce il download non è poi così male.
Alle gitarelle preziose in zona Mariposa, Ricordi e Messaggerie Musicali si sostituiscono le notti e le posizioni del computer e delle stanze che sono state testimoni del sudato lavoro a base di sottrazione digitale indebita. Perfettamente memore della mattina di fine estate di “No Code”, assolutamente lucido nel ridipingermi in testa la folla pre-Natalizia per “Vitalogy”, posso anche posizionare mentalmente il luogo del misfatto in occasione di “Pearl Jam” e tanto più del qui presente “Backspacer”.
Che quindi è nato, gli si vuole già bene e santiddio, se non ci fosse la musica quanto più farebbe schifo ‘sto pianeta? Mi manca solo Lucia qua a fianco, che me la sono scovata pure appassionata di Pearl Jam. Ma dico io, sarà mica il caso di passare a Plafonio? 😛
Categoria: Musica
iTunes 9: alla scoperta di
Nuova conferenza Apple! Nuovi iPod Nano! Nuovi prezzi per l’iPod Touch (399 dollari per 64 GB). Ma soprattutto: iTunes 9, da scaricare subito (fatelo, se usate iTunes). E com’è, eh? Com’è ‘sto iTunes 9? E’ meglio dell’otto. Nel senso che il debutto di iTunes 8 aveva regalato solo dolori di testa (la riapparizione coatta della colonna “genere” nel browser, per dirne una), mentre perlomeno questo nuovo nove porta in automatico “solo” una visualizzazione davvero caruccetta. Che è poi quella qua sopra, che è poi come mi è apparsa la libreria musicale ieri sera dopo il download dell’aggiornamento.
I miei Beatles
Adriano Celentano ha fatto più di una cosa buona nella sua esistenza, tra cui “I miei americani”, raccolta di cover semi-moderna che, per un periodo, ha girato freneticamente nell’autoradio di mio padre negli anni ’80. E da lì prendo il titolo del post per lo scritto oggi più che mai obbligatorio dedicato ai Beatles. Uno scrittino piccino picciò, in cui invero non si dice pressoché nulla, ma per festeggiare la ridiscesa in una stereo/mono-fonia tutta nuova della discografia… be’, si può anche fare.
Per essere uno a cui hanno regalato un sogno e un computer tanto tempo fa, Toniutti è una bella chiavica: i file .mp3 sono proprio .mp3, ma del 1997 o giù di lì. Di tag degne di essere tag manco a parlarne e quindi i file, riversati su iTunes, si accasano con i più improbabili appallottolamenti di vocali e consonanti. Insomma, non si capisce una fava e quindi i titoli veri, posto che esistano, qua non verranno citati. Che non se lo merita.
E’ come aprire un barattolo di mosche
Sette anni fa ritrovavano quel che rimaneva di Layne Staley. Insomma, circa sette anni fa. Come questo già ambitissimo blog non ha evitato di ricordare in più occasioni, il rilancio degli Alice in Chains è imminente (20 settembre) e passa attraverso un quasi-imitatore di fronte al microfono e, volendo dar retta alle prime due canzoni messe a disposizione del mondo, alla preponderanza finale e ultima del sempre amabile Cantrell sul resto della band. Che può anche essere capito, ma apprezzato… quello è già più difficile, se in copertina campeggia il nome degli Alice in Chains e non quello di Jerry.
Non funziona neanche arrotando con velocità maniacale la arrotellina dell’orologio: al 1937 non potete arrivarci. No, nemmeno con la DeLorean buttata a 88 miglia orarie. E, così facendo, perdersi momenti degni di una certa nota è questione di un attimo: la volata di Howard “Di Caprio” Hughes da Los Angeles a New York in sette ore e spiccioli, l’esecuzione di un certo numero di compagnucci di Trotsky in Unione Sovietica, le bombe su Guernica, la morte di H.P. Lovecraft… Ma anche la pubblicazione di “September in the Rain” del duo Warren/Dubin, proposta al mondo all’interno del film di Melton “Melody for Two”. Sì, splendido, ma chissenefrega? Che poi è tutta farina di Wikipedia e quindi, potenzialmente, inventa di sana pianta, no?
Sì, assolutamente. Ma oggi diamo un caloroso abbraccio peloso a settembre, che porta con sé del fresco e un sacco di voglia di ripartire verso un Super Enalotto che faccia ancora innamorare. Quindi l’occasione era anche buona per cercare dentro l’hard disk musicale canzoni con “September” nel titolo. E ha vinto “September in the Rain”, versione Lennon&McCartney (1962). Anche Babich è contento.
P.S. questa sera scrivo la terza puntata della storia strappalacrime di Nintendo la Rappresentanza Ufficiale. Tutti collegati col chinotto e i Ritz, mi raccomando, ci tengo.
Heart-Shaped Box
Il cuore di un ex adolescente piange: com’è possibile che lui, il Messia, l’inarrivabile, il cucciolone dal grilletto caldo… lui, che per noi si è ucciso e non è nemanco resuscitato tre giorni dopo… lui, che per odio del muzic biznezz si aprì da qui a lì (aveva forse aiutato essere fatto di eroina come una pigna)… com’è possibile che venga sfruttato in maniera tanto bieca, proprio per la sua sola immagine, come una gigantesca maglietta virtuale che verrà venduta in tutto il mondo ancora una volta? Ah, me lasso!
Il cuore di uno che si avvia ai trenta e prova a lasciarsi alle spalle gli anni novanta, invece, si domanda solo: cos’è cambiato negli ultimi anni in materia di diritti per i Nirvana? Da Motorstorm ai giochi musicali, da altri videogiochi di guida alla comparsata in pelle virtuale e poligoni ossei di Cobain in Guitar Hero 5. Prima nulla, poi tutto. Il semplice successo (che va scemando?) dei vari Guitar Hero & Co. non è sufficiente a spiegare il fenomeno, considerata la molteplice presenza di brani del fu-gruppo di Aberdeen/Seattle un po’ ovunque.
Joshua Tree e suo figlio
Trentasei anni sono sufficienti per sposarsi, mettere al mondo un figlio e sperare che lo spauracchio della Grande Crisi non venga a rovinarti l’orticello. Carlo Von Sexron allontana l’idea tenendosi ampiamente occupato: per lui lo spettro della disoccupazione rimane sempre tale. Lavora tanto, il nostro Baby Duck (ogni tanto, sua moglie e qualche amico, preferiscono chiamarlo così), che viene da chiedersi dove trovi il tempo per passeggiare ai bordi dell’amato deserto californiano, prima ancora che dedicarsi alla piccola Camille Harley, tre anni e mezzo.