Dopo aver speso preziose giornate a fantasticare su di uno scontro tra bambole, Kerry Brown è finalmente tornato a servire la comunità di fan degli Smashing Pumpkins con un interessante-ma-forse-anche-no raccolta di informazioni su Soul. O sull’anima. O su di un particolare amplificatore che ha ben servito alla causa di Corgan durante le registrazioni di “Gish” e “Siamese Dream”, tra il 1990 e il 1993. E’ lui, secondo i protagonisti dell’inchiesta, il principale responsabile di “quel” suono della chitarra, quello che ha appiccicato il sound del gruppo ai cuoricini da adolescenti tenerelli di un pezzo di generazione.
Se davvero, come ha recentemente minacciato, Paul McCartney abbandonerà il carrozzone rock’n roll che lo ha visto protagonista sui palchi di tutto il mondo per quasi cinquant’anni, allora ha scelto il modo migliore per salutare. Nessun fazzoletto bianco sventolato sommessamente, ma tre serate al Citi Field di New York, di fronte a un totale di 120 mila persone in estasi per il baronetto inglese.
Un evento nel senso più vero del termine, che chiude un cerchio idealmente aperto nel 1965 con il celeberrimo show dei Beatles a inaugurare lo Shea Stadium, dalle cui ceneri è nato proprio il Citi Field, battezzato musicalmente da McCartney tra il 17 e il 21 luglio scorsi. Tre notti che, dal prossimo 17 novembre, sarà possibile rivivere attraverso Good Evening, New York City: musica e immagini in tre differenti edizioni, per accontentare le esigenze di ogni fan, della prima e dell’ultima ora.
Il Sudoku è bello. Non come il Picross del Mario, ma è bello e ti ruba l’anima per lunghi e intensi minuti. O quello, o la criogenizzazione, per alcuni frenetici momenti di noia. Ecco no, ultimamente (dai?) preferisco i blog. E quindi, oltre a quello qua presente, da oggi prende ufficialmente il via un altro coso. Tutto diverso, che interesserà un millesimo delle due persone che visitano con regolarità questo spazio: si parla solo di Smashing Pumpkins e del nuovo/futuro/imminente nuovo disco. Teoricamente è pure un photo-blog, quindi piuttosto phigo da vedere, ma pressoché vuoto. Eccolo qui: theteargarden.wordpress.com.
Però oh! E’ gratis!
Schioccar di dita, voce setolata, auto-contro-canto e coro di un nero suadente, chitarra/basso pizzicati in un giro funky sotto sedativi e una bara tutta agghindata: trova l’intruso! “This is it” non è solo il documentario ad alto rischio di necrofilia voluto dagli avvocati ed ereditieri di Michael Jackson, ma anche l’omonimo pezzo inedito che accompagnera un voluminoso cofanetto da quattro LP.
I veri giornalisti si inventano le virgolette anche dove non ci sono. In effetti Ed O’Brien, quello dei Radiohead di cui nessuno si ricorda mai, non ha esattamente schiaffeggiato Thom Yorke con una trota grande e grossa. Ma quasi. L’asimmetrico Thom aveva detto che il gruppo si era lievemente sfrangiato gli zebedei di registrare dischi veri e propri? Che lunghi periodi in studio non sarebbero stati sopportabili? Allora qualcosa dev’essere cambiato, perché l’altro chitarrista (l’Ed di cui sopra), ha fatto sapere al New Musical Express (NME, per gli amici/nemici) che… sorpresa sorpresa, il prossimo inverno ci son già degli studi prenotati per dare il via ai lavori sul nuovo album.
In mancanza di un nome, ci si arrangia col metodo moderno: secondo la stampa anglofona, quindi, ora come ora siamo di fronte alle prime notizie ufficiali sull’ellepìotto (LP8) dei Radiohead. Poi vabbé, nell’equazione va anche tenuto conto dell’affidabilità di NME, spesso vicino ai numeri negativi. Ai poster l’ardua sentenza.
Intro: per la spiegazione del perché e del percome della peraltro deliziosa collana “Zeros”, si veda questo post. Per le puntate precedenti, cliccare qui.
Esiste la musica in costume e non è quella dei Kiss. Direttamente da Portland (OR), i Decemberists atterranno nel 2003 con il secondo LP di una carriera a quel punto già splendidamente avviata verso un futuro di nicchie dorate, destino promosso da “Castaways & Cutouts” appena un paio d’anni prima.
“Her Majesty” è uno di quegli album talmente arguti che anche il titolo andrebbe letto a modo suo: “Her Majesty, the Decemberists”. I 53 minuti e gli undici pezzi sono sufficientemente tematici da poter parlare a buon titolo di un album in costume. Sono le divise da guerra civile o quelle dei soldatini spazzatura della fanteria da prima guerra mondiale, con cui il rubicondo Colin Meloy (leader spiritual-propagandistico del gruppo) si presenta spesso e volentieri per le sessioni di foto ufficiali.
Il prossimo 20 febbraio 2010 Ian Brown spegnerà la bellezza di quarantasette (47) candeline. Sempre che gli regga la pompa, perché la dissennata vita da rocker avrà pure lasciato qualche scoria. “Ma che vita da rocker?!”, replicherà giustamente qualcuno accennando ai soli sei anni scarsissimi di vita certificata/ufficiale/discografica degli Stone Roses.
A.A.A., cercasi disperatamente soldi gratis, meglio se da alberi. No banche, no Lehman Brothers, grazie. Firmato: gli amichevoli Public Enemy di quartiere. La somma necessaria: 250 mila dollari. Destinatari del messaggio? I fan dello storico gruppo new-yorkese. Il mezzo per tramutare le promesse in una nuova catenona dorata: Sellaband.com.
Immaginatevi tanta bella gente, vestita a volte anche con una certa decenza, eppure a gattoni col cappello in mano. Elemosinando. Ma si può anche scegliere l’altra fantasia, quella a base di comunismo e comunione d’intenti: ognuno si iscrive a questo bel sito di CollectiveColletta e offre i suoi 25 dollari. Una volta raggiunta la quota richiesta per credere all’hype, si chiude tutto e i nostri registrano/producono/stampano. Dice Chuck D.: “parte tutto dai fan questa volta, da loro ha origine il nuovo album, loro vengono per primi”.
Attenzione, però: potrebbe non esserci solo un posto in paradiso (o un tugurio all’inferno, a seconda delle opinioni) per i Papà Pantalone che offriranno l’obolo richiesto. Le band iscritte al sito CollectiveColletta (che in realtà è sellaband.com) possono decidere come ripagare gli investitori: magliette, CD, pupazzi in cartongesso, biglietti per i concerti. O addirittura, come sostiene New Musical Express in questo specifico caso, con una parte dei ricavi delle vendite dell’album. Quanto? Come? Perché? Meglio di Bet&Win?
Due anni: 24 mesi dopo la pubblicazione di “In Rainbows”, i Radiohead mantengono il più assoluto riserbo sul prossimo album. Una cortina fumogena che potrebbe tardare a diradarsi, se è vero (ed è vero) che solo lo scorso agosto Yorke ha sottolineato come, oggi come oggi, “imbarcarsi in un’avventura dispendiosa e stressante come quella di “In Rainbows”… ci ucciderebbe”.