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Metti una sera, un sabba tra amici

QOTSA - Lullabies to Paralyze

“Lullabies to Paralyze” è il grande disco del dis-amore: la stragrande maggioranza di chi era saltato sulla macchina spedita a velocità smodata nel deserto di “Songs for the Deaf” se ne è andata. Niente più aspirina e Coca Cola, nessun bagordo, le luci si spengono, se ne va pure Olivieri il Diavolo e la creatura di sabbia rimane “solo” a Josh Homme, che ci fa quel che vuole. Dei cinque dischi dei Queens of the Stone Age, è anche quello più difficile da riascoltare, perché in testa ti rimane sempre quella vaga sensazione marmorea, di un blocco difficile da avvicinare. Ma non è meno riuscito di qualsiasi altro album del gruppo, tolto lui, il “Songs for the Deaf” di cui sopra.  “Lullabies to Paralyze” è lungo e criptico, non tanto perché sia chissà quale svolta strumentale-filosofica-blabla, ma perché è nero e oscuro come le cose più nere e oscure del primo album, eponimo, del gruppo. E se vieni dalla sbornia di hit parade di “Songs for the Deaf”, è un po’ un casino.

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1 Song a Day Musica

1 Song a Day: Just (Radiohead)

radiohead

Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile. Clicca qui per scoprire le altre canzoni del giorno.

Che ci volete fare? Alcune scelte sono obbligate, e per quanto “Just” non sia (più) la mia canzone dei Radiohead preferita, di sicuro è quella a cui devo la passione per i tizi di Oxford, a cui lego un tot di ricordi e storielle e che quindi è degna nuova figurante nell’elenco delle canzoni del giorno. Oltretutto, ai tempi in cui i video musicali ancora esistevano, “Just” era tra le canzoni più interessanti da vedere. Oltre che da ascoltare, e vabbé. In quest’ultimo caso semplicemente perché è l’ennesima dimostrazione dell’affiatamente “da band” del gruppo. Un suono preciso e caratteristico, al tempo stesso corale e ricco di amore individuale (dalla bella linea di basso, alle chitarre ululanti). Con gli anni la produzione inizia a risentirne un minimo, oggi come oggi probabilmente il suono sarebbe meno “freddo” e sia Selway (batteria) che Greenwood (chitarra) gigionerebbero di più, anche attorno al blues, come in “15 Step” (“In Rainbows“). Ma va benissimo così.
“Just”, dicevo, è la canzone con cui mi sono messo assieme ai Radiohead. C’era già “Creep” ok, ma “Pablo Honey” non era arrivato a casa. C’era “High & Dry”, sicuro, e difatti “The Bends” aveva ricevuto la benedizione della collezione di CD di mio fratello per quella… ma non era ancora amore vero per il sottoscritto. Fino a che, in un pomeriggio di primo sole primaverile, in un sabato piuttosto placido, mi sono regalato per il compleanno il mio primo modem (un Trust 28.8 pagato uno sproposito). Ero sul tram con un walkman e la cassetta di “The Bends”, e di fronte a Piazza Duca D’Aosta ho capito che volevo sposarli. Con “Just”. Dire che, solo qualche tempo prima (ancora lievemente scosso dal tizio che si era sparato), avevo accusato questi inglesotti di aver palesemente ladrato il riff iniziale a “Smells Like Teen Spirit”. Ah, gli errori di gioventù.

Just

Radiohead - JustDi: Radiohead
Durata: 3′:54”
Dal disco: The Bends
Anno: 1995
Guarda e ascoltacliccando qui
Cose su questo blog: un po’ di faccenderia

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Giornate Musica

Zave was a blogger and he was always down

Osnagi (ma d'estate)

“Oh noes! Santi numi, avrà mica scritto un post tipo blog vero, in cui dice le cose sue dei fatti suoi?”. Chiedo scusa, ma siete avvisati.

La gente sul GAF sta tipo dando fuori di testa per la prima illustrazione di Project Needlemouse che Sega presenterà al pubblico. Ma tipo che stanno male, ancora. Dopo tutte queste corna, dopo tutto questo dolore, dopo tutti questi pianti, le urla, i piatti rotti, le accuse alla madre, gli sms letti di nascosto… sono di nuovo pronti ad aprire le braccia, col cuore già bello gonfio. In attesa della sifonata in mezzo ai denti. E quindi perché? Perché la nostalgia canaglia vincerà sempre, oh sì. E perché, soprattutto perché?, questo sembrava un post dedicato ai videogiochini e invece stiamo finendo ancora una volta nella solita roba trita e ritrita? Perché paga bene, viene via a poco e scontenta tutti. Risultati simili non si portano a casa tutti i giorni.
Il contadino saggio, quello che ancora non ha capito la storia del formaggio e delle pere, diceva che il tempo guarisce tutto. Non solo lo guarisce, ma gli tira sopra una palata di fard che è tutta un programma. Oggi uscivo dall’ufficio, dopo aver finito di vergare quella robetta sul crepuscolo. Ed ecco che proprio lui, l’infido bestio satanico del crepuscolo, deciso a prendersi nuovamente giuoco (“del calcio”, ndBerlusconi) di me, mi si appallottola tutto contro. Scelgo il disco dei Killers. No, pardon, scelgo lo strepitoso disco dei Killers, il terzo (“Day & Age” – 2008), credendo di ballonzolare leggiadro come mi è consentito dalle crudeli leggi del sovrappeso verso il 320. Invece no: ciondolo col mantellone blu tutto preso da quella caterva di bestiali rimandi a un tempo che fu. “Day & Age” è talmente intrifolato di anni ’80 buoni e talmente strepitoso nella concezione e nella produzione, che nemmeno te ne accorgi e sei tutto impiastricciato di vent’anni fa. Il che non aiuta a combattere il rosato-arancione della sera che viene a papparsi vivi tutti gli impiegatucci (me compreso) della zona.

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1 Song a Day Musica

1 Song a Day: Diamond Hoo Ha Man (Supergrass)

Supergrass Diamond Hoo Ha

Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile. Clicca qui per scoprire le altre canzoni del giorno.

Se ne sarebbero potute scegliere tante altre dei Supergrass, che dopotutto il gruppo inglese ha sfornato una quintalata di singoli degni di questo termine. E delle posizioni più sugose delle classifiche oltretutto. “Diamond Hoo Ha Man”, però, è quella che è saltata fuori oggi più o meno a caso e quella che dà il titolo al semi-ominimo album. Che apre grazie a un riff prevedibile quanto vuoi, ma che il suo bell’impatto smaliziato ce l’ha tutto. Aggiungere alla ricetta la solita voce da giovincello di Coombes e una batteria che, anche se un po’ nascosta, fa davvero un bel lavoro e il risultato è la canzone del giorno.

Diamond Hoo Ha Man

Supergrass - Diamond Hoo Ha ManDi: Supergrass
Durata: 3′:26”
Dal disco: Diamond Hoo Ha
Anno: 2008
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Cose su questo blog: mo’ iniziamo eh

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Giornate Lavoro Musica

Tutti i numeri del buongiorno

Alba invernale

Il problema di essere viziati è che prima o poi, di solito, finisce. Prendete il sottoscritto: una vita fatta di alzate decenti, ma di una decenza vinta sul campo. Il tempo calcolato per svegliarsi all’ultimo secondo utile e raggiungere la scuola (da fuori Milano fino in zona Stazione Centrale per otto anni) era frutto di prove, errori, tentativi, speranze e infine abilità. Negli anni teoricamente universitari (e mai tali) si è vissuto di notte e dormito fino a mezzogiorno. Mica per le discoteche e le pasticche, ma per collaborare con 715 riviste. E delle tenebre i padroni erano Mirc e Winamp, poi sonno placido dalle 04am in avanti. Infine la vita da assunto: e qui arriva il vizio.
Pur rimanendo nel rispettabile, l’orario era sufficientemente elastico da permettere di impostare la sveglia fino alle 9 e qualcosa, con treno alle nove e mezza. Oppure alle nove e mezza, quando sopravvivevo direttamente a Milano.  Per chiudere, la fase “automunito”: si usciva di casa sempre tra le nove e le nove e mezza. Insomma, mattine tutto sommato rilassanti e nessuna reale alzataccia.
Ma dopo che il Diavolo c’ha messo il coda e il mondo è diventato più brutto, va anche benissimo doversi tirar su alle sei e mezza per raggiungere l’altra parte del mondo. Almeno fino a quando non fai un record difficile da battere. Oggi, sono, arrivato, alle, dieci. In auto.
Particolare da non sottovalutare: alle sette ero alla stazione del treno, ovviamente a piedi.

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Il battito del diavolo è all’indietro

Black Rebel Motorcycle Club

“Beat the Devil’s Tattoo” è un nome brutto, non è che si possa star lì a discuterci sopra. Ricorda i “titoli” di quelle band collegiali piuttosto sfigate, che prima decidono di iscriversi al college e meglio stiamo. Però è anche il nome scelto dai Black Rebel Motorcycle Club per il quinto album e per il primo singolo. Quel che serve al gruppo di San Francisco è dimenticare la discreta mestieranza di “Baby ’81”, l’inutile accozzaglia letteralmente noise di “The Effects of 333” e tornare a pucciare le mani nel rock folk di “Howl”, quello che l’ignorantissimo padrone del blog ha decretato quale miglior disco del 2005.
Per provarci i tre, di nuovo orfani di Nick Jago alla batteria, sono tornati negli studi di Philadelphia che diedero i natali proprio a “Howl”. Fuori Jago, dentro Leah Shapiro, che si suppone slegata dal nostro Shel e che compare piuttosto malandata nelle foto ufficiali. “Beat the Devil’s Tattoo”, l’album, arriverà nei negozi il prossimo 8 marzo. La canzone, invece, è già disponibile attraverso le pagine di Spinner, ed è un bel pezzo.

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1 Song a Day Musica

1 Song a Day: Debaser (Pixies)

Pixies Doolittle

Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile. Clicca qui per scoprire le altre canzoni del giorno.

Sceglietene una a caso da “Doolittle”, tanto vanno tutte bene. “Debaser” è il pezzo di apertura del secondo album dei Pixies, che si è ormai messo alle spalle ventuno anni (era il 1989). Ed è tuttora un classico che vagli a dire a qualcosa: dal giro di basso, dalla chitarra e fino alle voci che si danno il cambio e si incastonano felici. Tra il melodioso e l’urlaticcio, con quella carica di lo-fi così splendidamente organizzata tanto dal gruppo, quanto dalla produzione efficace di Gil Norton. Poi, già che ci siete, prendete anche tutte le altre e riascoltatevelo. Chiudete sintonizzandovi sul perfido Ticketone, per acquistare i biglietti del concerto a Ferrara di giugno, in cui l’intero “Doolittle” sarà protagonista pronto a lanciare amore ad ampie secchiate.

Debaser

Pixies DoolittleDi: Pixies
Durata: 2′:53”
Dal disco: Doolittle
Anno: 1989
Guarda e ascoltacliccando qui
Cose su questo blog: ancora nulla

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L’altro giorno guardavo un’intervista a Tom Cruise

Goldfrapp Rocket

C’è poco di più yuppie e quindi di più anni ’80 di Tom Cruise. Anche quando faceva l’avvocato coi dilemmi morali ne “Il Socio” o roba simile, che gli anni ’90 erano già cominciati, ma solo formalmente. Tutto perso come lacrime sul giacchino di pelle del nano che si muncica la placenta altrui? Mica vero.
A breve Goldfrapp (o “i Goldfrapp” o “la Goldfrapp”, vedete voi) tirerà fuori dai fusò il quinto disco, “Head First”, preceduto da ieri dal primo singolo: “Rocket”. E ora ditemi voi se non è tutto un “Top Gun” lì attorno. Dalla copertina alla canzone, passando ovviamente per il titolo. A seguire: la copertina dell’album (in uscita il 22 marzo).

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Figate spazianti Musica

Figate Spazianti: My Sega in ruins?

Sega logo

Stiamo aspettando che il collegamento prenda un via utile, ovvero stiamo per registrare la nuova puntata dell’Outcast. Ma nel frattempo sono successe due cose belle e ho il dubbio su quale delle due debba vincersi la palma dorata. Quindi sottopongo entrambe le Figate Spazianti.

La prima è quella che segue:

Ed è un brano di Andrea Babich, meglio noto al grande pubblico come Andrea Babich. Già autore di altre canzonette, tra cui quelle a tema videogiocoso e marioso, molto natalizie, molto ti sarò devoto. Questa è tutta per il Sega Megadrive, per una tizia nuda, per l’eventuale Sega, Megadrive. Molto ottima secondo me.

La seconda invece è questa qua:

Ed è Eddie “se solo fossi omosessuato” Vedder che canta “My City in Ruins” di Bruce Springsteen. All’epoca proposta quale risposta piena di stars&stripes all’attacco del 9-11, oggi rivista e regalata alla popolazione devastata di Haiti. Potete comprarla sia su iTunes che sul sito ufficiale dei Pearl Jam e i proventi finiranno ovviamente in buone mani.
Io voto per un pari merito. Voi potete votare qua sotto.

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