Certe cose ti segnano: quando è arrivata stavo giocando a Monkey Island 3. La scena nell’oasi col serpente che se sbagli ti si ingolla tutto, se la memoria non mi inganna. Lei però era di sotto, a livello dell’asfalto: nera, silenziosa e sinuosa. Fari accesi nel tardo pomeriggio invernale di dodici anni fa esatti. Era gennaio anche allora e lei aveva vinto la selezione, nemmeno troppo dura. La Famiglia aveva deciso che, tra il tamarro di Cologno (Fiat Bravo) e quello brianzolo (Volkswagen Golf), era meglio la classe nipponica di un’Honda Civic 1.4 25th Anniversary.
La targhetta che testimoniava l’edizione anniversario se n’è andata ben presto, eredità dello scarso livello di amore dimostrato dal primo utilizzatore finale della AR 625 NN, che solo dopo otto anni diventerà la ZaveMobile. Storie brutte: di paura, miseria, buio e coltelli che riflettono la luna. Arrivata per dare il giusto congedo alla Renault 5, era destinata a entrambi i pargoli della casata. Ma il destino avverso rigettò la patente fino al 2005. E notizie di cronaca medica fissarono al giugno 2006 il passaggio ufficiale allo status di ZaveMobile.
Categoria: Giornate
Musica per un motore migliore
In attesa di nuove buone dal concessionario, fervono i lavori sulla preparazione di una playlist che possa commentare al meglio il battesimo su strada&in-coda della ZaveMobile 2.0. Ci sono due problemi: non sono un fan delle playlist e comunque il primo disco da infilare nello slot-in dell’autoradio è quello ovvio/noioso/banale/cheppalleoh-smettila! già deciso da tempo (“MCIS”). Però, ripeto, non sono un fanz delle playlist, quanto del disco integrale. Per assemblare la selezione attualmente in essere mi sono affidato al metodo più terra-terra che conoscessi: visualizzare tutte le canzoni che contenessero “Car” o “Drive” nella libreria di iTunes. Il risultato è quello qua sotto. Nota bene: ci sono giusto un paio di aggiunte comunque tematiche (“MFC” dei Pearl Jam, “Go with the Flow” dei Queens of the Stone Age, “Taxi Ride” di Tori Amos e “Ain’t Talkin’ ‘Bout Dub” degli Apollo 440 perché una tamarra serviva). Però mi servirebbero tanti bei consigli e suggerimenti, cercate di lesinare sugli insulti, invece.
Orsetti Padani: grazie Dio
Leggevo 7yearwinter, come mi succede raramente, purtroppo. Perché mi dimentico e poi qualcuno mi segnala un post interessante e recupero tutto, solitamente piangendo come un vitello di fronte allo schermo. O anzi, molto meglio: lacrimando come un vitello padano. E infine, perché no?, come un orsetto padano. Orsetto Padano, con pure la maiuscole d’ordinanza. Perché quando credi di aver già intravisto il buio siderale in fondo al baratro cerebrale della gente con i fazzoletti colorati al collo, è sufficiente cliccare su di un link per amare di nuovo la vita. Amarla fortissimo, come suggeriva la migliore Gianna Nannini che fu in mille (o almeno due) canzoni. Orsetti Padani Ci Sono, come “Ambra c’è”, come “Fortuna che Silvio c’è”, queste cose qui.
Mi si perdoni la volgarità. Citando e riadattando il sommo Roberto Straniero: voi “mi rompete i coglioni” col vostro caldo, l’afa, il sudaticcio andante, l’appiccicume, il sole che spacca le pietre a ChattanugaTennessee… che va anche bene, ma tipo tre settimana all’anno. Un mese. Prima posso anche arrivare a concedere tre lunghi mesi di primavera estiva, quella con la brezzolina salvifica però. Non con l’umido della metropoli-giungla. E ora è freddo. Freddo che promette gelo. Gelo che promette fastidi e lamentele, ma è un bel lamentarsi. Perché, stravacche a parte, vince sempre la legge per cui mettersi uno strato extra si può, toglierselo no.
Attenzione! Nuovo video: più qualità, più 16:9, più scritte, più minuti!
Eccole le risposte, ecco quello che Marco Accordi ha detto sabato 3 ottobre a Monza in occasione della manifestazione Video Game History. Lo stesso Accordi ha promesso che quella sarebbe stata l’occasione per scoprire “tutta la verità”. Parole sue naturalmente. Dopo aver cancellato i messaggi che, sul suo blog, lettori di Game Pro (e non solo) gli rivolgevano, ha indirizzato tutti alla “roundtable” brianzola che, da lì a qualche giorno, avrebbe animato l’evento organizzato per ben altri motivi.
Che cosa ne resta
Dopo dieci giorni, una non-conferenza, mille e passa commenti, la vicenda e le discussioni scatenate dal post in evidenza (questo, come al solito) sono andate ben al di là di ogni mia più rosea aspettativa. Arriverà la seconda puntata, semplicemente il video della barzelletta di sabato pomeriggio: mi manca solo un cavo e la voglia di farlo. La voglia, già.
Perché di bello c’è che in tanti forum, in tanti altri blog, ovunque nella internet-sfera italiana appassionata di videogiochi, leggo di gente con gli occhi strabuzzati. Non possono credere a quel che hanno “visto” e promettono di non dare più fiducia a certa gente. Bello, bellissimo: neanche in questo speravo. Invece è palese: c’è gente che merita molto più rispetto di “a 35 anni non ho tempo per quelle cazzate su internet”. Chissenefrega comunque.
Amore Nintendo: definizione
Lo sanno tutti quelli che c’erano, ma è bello parlarne in giro. E poi mi andava di pubblicare la foto qua sopra, quindi serviva una scusa ufficiale. L’Amore Nintendo è il “mood”, il tono, il clima creatosi nel giro di sei minuti nella redazione di Nintendo Rivista Ufficiale enne secoli addietro. Esisteva da prima, naturalmente, dato che io, Surgo e Audioradar ci si conosceva da ben prima della faccenda NRU. Ma in quella situazione e in quelle stanze ha trovato un nome più adatto e simpaticissimo.
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La celebre livella di Totò non è più la morte, per quanto chi l’ha sostituita può vantare più di un legame con la simpatica mietitrice: trattasi del tanfo da metropolitana. Ciò che non riuscì a Marx, Che Guevara, Rage Against the Machine e Rifondazione Comunista, è realtà nelle metropolitane milanesi: non esiste differenza alcuna tra classi sociali, tutti sono potenzialmente gli affumicatori letali delle carrozze meneghine.
Il serioso manager brizzolato o la casalinga di successo al pari degli studenti universitari. Ci vorrebbe un bell’esercito di Borghezi, meglio se prima istruiti sulla faccenda. Perché no, egiziani, marocchini e senegalesi non riescono di certo a fare meglio (nel senso di peggio) di chi professa la sua appartenenza ultra-generazionale alla purissima razza tricolore.
E allora la posizione sociale occupata per scelta dalle Legnosissime FiloBionde MangiaUomini o dalle studentesse impegnate a ripercorrere le tappe di Paris Hilton perlomeno porta con sé qualcosa di buono: loro, a differenza di buona parte del resto della popolazione, paiono ancora tenerci alla doccia mattutina.
Non funziona neanche arrotando con velocità maniacale la arrotellina dell’orologio: al 1937 non potete arrivarci. No, nemmeno con la DeLorean buttata a 88 miglia orarie. E, così facendo, perdersi momenti degni di una certa nota è questione di un attimo: la volata di Howard “Di Caprio” Hughes da Los Angeles a New York in sette ore e spiccioli, l’esecuzione di un certo numero di compagnucci di Trotsky in Unione Sovietica, le bombe su Guernica, la morte di H.P. Lovecraft… Ma anche la pubblicazione di “September in the Rain” del duo Warren/Dubin, proposta al mondo all’interno del film di Melton “Melody for Two”. Sì, splendido, ma chissenefrega? Che poi è tutta farina di Wikipedia e quindi, potenzialmente, inventa di sana pianta, no?
Sì, assolutamente. Ma oggi diamo un caloroso abbraccio peloso a settembre, che porta con sé del fresco e un sacco di voglia di ripartire verso un Super Enalotto che faccia ancora innamorare. Quindi l’occasione era anche buona per cercare dentro l’hard disk musicale canzoni con “September” nel titolo. E ha vinto “September in the Rain”, versione Lennon&McCartney (1962). Anche Babich è contento.
P.S. questa sera scrivo la terza puntata della storia strappalacrime di Nintendo la Rappresentanza Ufficiale. Tutti collegati col chinotto e i Ritz, mi raccomando, ci tengo.