Ho cambiato momentaneamente il layout grafico (e non solo) del blog. Ve ne sarete accorti perché su Radio 24 si è sentito quello stridere di gomme e l’accartocciarsi lacerante di lamiere che precede un morbido vocione scandire placido: “Breaking News”. A me, che non apprezzo le lamiere accartocciate e che ogni volta che sono testimone audio della faccenda inizio a pensare all’eventualità che qualcuno abbia dipinto Berlusconi come quei panettoni anti-traffico->pinguini che secoli fa spopolavano a Milano… che dicevo? Sì. A me fa effetto, aver cambiato il layout intendo. Primo, perché layout è un termine che se fosse figo la metà sarebbe comunque il doppio di quanto posso permettermi vivendo a Osnago (LC). Secondo, perché il tema (ecco, appunto) grafico di prima mi piaceva e dava quel tono di “ma che minchia è ‘sto coso? Un blog?”. Terzo, perché una sera di dieci giorni fa il Toso ha espresso vivo disappunto proprio per l’impostazione grafica, il che certifica automaticamente quanto fosse stilisticamente azzeccata.
E perché ho cambiato il layout/tema? Ma per i soliti tentativi di sfruttare la dinamica blogosfera come un ammasso di cavie. Così come secoli addietro, in un blog ora fagocitato dal grande Nulla de “La Storia Infinita”, avevo astutamente infilato le gigantografie ginecologiche di Britney “Mutanda sopravvalutata” Spears per capire quali fossero i livelli di arrapamento casuale che avrebbero giovato al conta-click, più recentemente mi sono gettato sul Grande Fratello (con scarsi risultati) e sull’informazione spicciola sportiva. Figa, voyeurismo e calcio: un peccato che i mandolini siano passati di moda. I risultati sono stati tiepidi, roboanti come il ritorno in corsa dei Neri per Caso un anno fa (o forse cinque, magari dieci, troppo pochi comunque). Così si è scelta la strada della doppia colonna, con tanti hyperlink a portata di freccina e mazzi assortiti. Risultati tiepidi anche in questo caso, il che porta a un’unica conclusione: per arrivare ai centomila utenti unici cada-giorno che mi consentirebbero almeno di provare la strada della sponsorizzazione lurida, devo inventarmi qualcosa, scrivere come se sapessi scrivere e/o diventare uno di quelli che postano tutto il santo giorno disquisendo di vacche da Barbara D’Urso. A proposito di Barbara D’Urso, il sempre sfuggente Aldo Grasso l’ha recentemente etichettata come una nullità con le tette grosse, per un’intera pagina. Sono soddisfazioni.
Rimane, piuttosto, tutta da spiegare la magnetica attrazione che il mondo digitale prova per un paio di post presenti qua sopra. Il primo è quello dedicato a un simpatico concertino dell’allegra brigata Franz Ferdinand, costantemente in cima alla lista dei post più letti ogni santo, santissimo giorno. Il secondo è tutto incentrato sulla sottovalutata figura del gelato al pistacchio che, com’è o come non è, ha evidentemente iniziato la sua scalata verso un futuro fatto di gloria e coppette.
Autore: Zave
Vera finta pelle
Ognuno ha bisogno di una luminosa stella da seguire. O perlomeno qualcuno il cui lavoro sia sufficientemente interessante da stimolare gridolini isterici. Per me è Stephen Thomas Erlewine. Era già noto ai tempi del vecchio blog, ma il criticologo, musicologo, recensorologo di Allmusic.com fa due giri attorno a chiunque faccia il suo stesso lavoro. O perlomeno rispetto a chi leggo in giro. Non tiro in mezzo i “colleghi” italiani perché proprio sarebbe di un demoralizzante che mi giocherei tutto il week end. A seguire: la splendida recensione di “Sam’s Town”, secondo disco dei The Killers. Indipendentemente da quel che si pensa del disco (e io sono più o meno totalmente d’accordo a metà col mister), è un grande articolo.
Friday I’m in love
Non mi importa davvero se il lunedì è bigio
il martedì grigio e il mercoledì pure
di giovedì posso fingere che non mi interessi
perché è il venerdì che sono innamorato
Il lunedì posso anche ridurmi a uno straccio
il martedì e il mercoledì trascinarmi col cuore spezzato
giovedì… giovedì nemmeno capisco che sia cominciato,
perché è il venerdì che sono innamorato
Sympathy for the MacPhisto
L’ho scritto nella mia biografia, quindi è risaputo: il disco che preferisco, tra tutti quelli firmati U2, è “Achtung Baby”. “Scelta coraggiosa!”, direte. Be’, no, ma chissenefrega? Potrei metterci anche “War”, così, tanto per aggiungere un tocco di snobismo, ma non lo farò (l’ho fatto). E il periodo “Achtung Baby” – “Zooropa” è anche quello a cui sono più legato pensando al gruppo, assieme anche a “Pop” ok. Ovviamente e semplicemente per motivi anagrafici, sono gli anni in cui ho capito che la musica era un po’ tipo troppo meglio di tutto il resto, cioé oh, che storia. E se “Achtung Baby” l’ho scoperto un po’ dopo (per intero intendo, perché sfuggire alle varie “One” o “The Fly” in radio era impossibile), “Zooropa” l’ho vissuto tutto in diretta, su di una cassetta (comprata alla stessa Città Mercato citata qualche giorno fa) poi trascinata al campo vacanze estivo con la scuola dell’epoca. “Pop”, quindi, era il diretto discendente, nel periodo di massima mitizzazione del grande rock’n rock, in cui si scopriva tutto, si leggevano mille riviste (ricordo chiaramente di essermi avidamente spolpata l’anteprima del disco sdraiato sul letto a Vimodrone, grazie a RockStar), si discuteva anche con l’esperto di U2 di casa. Che non ero certo io. Poi il concerto a Reggio Emilia e blablabla. Ma gli anni di “Achtung Baby” e “Zooropa” avevano qualcosa di diverso, bello spalmato evidente sulla videocassetta usata per registrare il famoso concerto a Sidney dello Zoo TV Tour. Ed era un Bono in piena fase “sono Dio, ma sono ancora sufficientemente giovane per fare il coglione. Però sono Dio”. E Dio Hewson si declinava ogni sera attraverso Bono (il cantante autore), The Fly (la rock star scintillante), Mirror Ball Man (la personalità mediatica deviata) e… e MacPhisto. Il diavolo. MacPhisto era figo. Cioé, un vero baraccone mobile, ridicolo, inguardabile, eppure un figo spaziante. Oggi Bono non potrebbe vestirsi da MacPhisto, è fondamentalmente un vecchio devastato, non può (il nuovo disco però è proprio bello forte, ne parleremo in una puntata a sé). Ai tempi andava bene e mi manca tanto. Telefonava alla gente importante e la prendeva per il cippirimerlo, mica pizza e fichi. Era ancora sufficientemente rock per fare meno la star amica dei possenti potenti, quindi poteva permetterselo. Di fronte a quella distesa infinita di televisori, dietro al microfono da cui MacPhisto si prendeva i meriti del capitalismo sfrenato, della dittatura televisiva, dell’elezione di Bill Clinton e via andando. Quello era ancora un Bono vispo e scattante e lo sarebbe tuttora, se non avesse deciso di infilarsi (forzatamente) nel sarcofago con “All that you can’t leave behind”. Ma l’amore è immutato e il concerto (a San Siro) prenotato.
Crederci sempre
Doveva essere una pioggia di felicità e così è stata. Sony e Nintendo hanno “consegnato”, consegnando due conferenze di lusso. Non sempre ben organizzate o capaci di far valere quello che veniva mostrato (Nintendo soprattutto, se non solo), ma di roba per cui stracciarsi le mutande ce n’è. Le tre migliori conferenze E3 da… mumble, da un botto di tempo. Da almeno quattro anni buoni.
New Super Mario Bros. Wii poteva essere online, così pare non essere, ma è lo stesso promettente, allupante, preciso, morbido, interessante. Non ci sono mai abbastanza Mario in 2D. Bring on the idraulico. Metroid Other M ci ha messo un po’ a farsi volere bene, almeno un’ora o due, ma ora è quasi amore. Con una doppia Samus e uno stile di gioco che promette di portare qualcosa di nuovo dopo i tre, splendidi, Prime. Che però bastavano e avanzavano. Potrebbe finire in dramma, ma ci voglio ci crederci. Una roba nuova, un rilancio del Metroid, che fa sempre bene. Poi Mario Galaxy 2, e tutti giù attaccati al tram, zitti e senza rompere. Due Mario nella stessa generazione, alleloja santissimi numi. Il bello del bello, è già level design per cui regalare un braccio. Poi mille altre faccende che non si sa bene cosa e come andranno a finire: LineAttack Heroes, Span Smasher. E poi Mario VS. DK in sei giorni, Bit.Trip.Core figo probabilmente quanto il primo e via via via.
Sony ha tanta roba, come al solito è lenta a mostrarla. ModNations Racer (se si chiama così) pare proprio carino, Metal Gear Solid Peace Walker promette bene ma chissenefrega su una console portatile, Final Fantasy XIV è il “ammazzatevi” a Xbox 360, che comunque funzionerà solo fino a un certo punto. God of War 3 è Metroid Prime 3: lo sai che sarà bello, e per quello è meno sorprendente. La PSP Go pare figa, costa il doppio di quel che dovrebbe (249$). The Agent chissà, ma è una mossa che dimostra che anche Sony può ancora muoversi. La bacchetta (Wand?)… be’ no, la bacchetta mah, no, non ci provate nemmeno. Gran Turismo PSP fuori concorso, in cinque anni anche io faccio un bel gioco, partendo da zero. Gran Turismo 5: non si sa, chi l’ha visto? Uncharted 2 è fatto bene, non si discute. E sembra grosso a sufficienza per fare la voce delle stesse “dimensioni”. Assassin’s Creed 2 è l’esagerazione grafica che fa brillare gli occhi e il gioco pare pure più ricco di quello prima (non che ci volesse molto, ok). Poi bo’, altro, chissiricorda. Ma soprattutto…
The Beatles Rock Band. The Beatles Rock Band è il bene che prende forma e la forma è quella di un DVD. La vittoria del messaggio, della visione, della musica, di tutto ciò che c’è di positivo nel mondo, riversato per far capire a chi è troppo bestia per esserci arrivato da solo anni fa, perché loro sono solo loro. Immancabile, imperdibile, da lingua in bocca, sempre, comunque e sempre. E di più. Serve.
Microsoft: vittoria
La conferenza Microsoft all’E3 2009 è la classica conferenza Microsoft da E3. L’iter è stato rispettato quasi “alla lettera”, con meno dati, ma la solita procedura, peraltro irrinunciabile per motivi congeniti. Se Nintendo può concedersi il lusso (o meglio, poteva, quando voleva, concedersi il lusso) di concentrare le attenzioni su di un numero limitato di progetti, forte dei suoi studi interni, Microsoft ha sempre dovuto puntare sulla quantità. Il che non vuol dire che non ci sia qualità, ma semplicemente che da sempre la butta sul muscolo pompato: abbiamo questo, e questo, e questo, e questo, e questo, e questo. E pure questo. Però il “media briefing 09” è andato bene, decisamente meglio rispetto agli ultimi due anni, con più titoli interessanti, un paio di giochi prevedibili ma comunque presentati per la prima volta a Los Angeles e la solita espansione verso nuove risorse da “media center” del salotto. Crackdown 2 ha perso i colori, da quel che pare di vedere nel trailer, Forza Motorsport 3 è sempre un bestione tecnologico (di cui però mi frega meno di nulla), Halo ODST bo’ e di Halo Reach non c’è nulla. Modern Warfare 2 sembra allontanarsi dal canone dell’FPS-nella-guerra, per portare la guerra un po’ ovunque, ampliando le sezioni action e rendendo forse più dinamica la vicenda e il ritmo di gioco (ergo: meno “banale”). Alan Wake… Alan Wake no, nulla. Silent Hill fatto bene, ma non quello che ci si aspetta da un gioco che si nasconde per anni (d’altronde, quasi mai un gioco che si nasconde per anni riesce a rispettare le attese che ha, volente o nolente, creato). Poi i colpi più importanti: Metal Gear Solid: Rising è il coronamento di dieci anni di preghiere in ginocchio dei delegati Microsoft di fronte a Kojima. Va bene così, giusto e immancabile per Konami, che non può permettersi di chiudere la porta a dei soldi gratis (quelli di una versione in più da vendere di un gioco che di sicuro venderà come pochi). Poi Natal, il nuovo non-sistema di controllo, il fatto Eye Toy che funzion. O che pare funzionare. Perché non sia un aggeggino carino e interessante e nulla di più c’è ancora molto da capire, in ordine di importanza: software allegato, software disponibile all’uscita, prezzo, uscita prevista. Inoltre: con il Wii ha poco a che fare. Il telecomando Wii non nasce solo dalla necessità di eliminare una barriera, quella dei controller complicati e anti-intuitivi, ma anche dalla voglia di mettere nelle mani dei giocatori un sistema che permettesse un’interazione immediata e intuitiva (ripetizione), basata su di un metodo d’interazione conosciuto e semplice da leggere, interpretare, utilizzare. Chiunque ha tenuto in mano il telecomando della TV. Quasi chiunque utilizza un mouse e il relativo puntatore. Praticamente tutti possono concepire l’idea che da un telecomando possa partire un “raggio” che gestisce una freccia (indicatore su schermo). Natal prevede un’interazione nuova, interessante, ma innaturale per chiunque: muovere gli elementi su schermo (parlo di menu e finestre, non dei giochi) inclinando e agitando le mani può essere semplicissimo, ma non è naturale né immediato. Non fa parte dell’esperienza comune. Spero funzioni, spero esistano giochi o applicazioni interessanti, dubito che riesca a diventare qualcosa di davvero significativo (sul lungo termine) per Xbox 360. L’avrei visto meglio con qualcosa da stringere in mano e legato al lancio di un ipotetica nuova console tra due o tre anni. Ma vedremo.
Il voto? 8, meglio delle aspettative. Tanti giochi, una line up sicuramente ricca (e oltretutto non si son visti un sacco di giochi, da quelli Ubisoft a quelli EA, entrambi attesi alle conferenze in corso), accordi intelligenti (Facebook, Sky) e la voglia di non lasciare terreno alla rivale (Sony). Ma niente per cui mi sia strappato i capelli.
Pre Microsoft Pre-E3
Per la prima volta da che esiste, non sono andato all’E3 per scelta. Obbligato dal troppo lavoro e allontanato dalle scarsissime prospettive di soldi extra, quest’anno seguo la rinata kermesse californiana da casa. E il tutto inizierà esattamente tra un quarto d’ora, quando Microsoft darà il via al balletto degli annunci pomposi con i soliti venti minuti di numeri e dati, per poi passare a un annuncio relativamente interessante, una carellata su roba già nota, un annuncio un po’ più interessante tutto nuovo, il punto sulla situazione Xbox Live e relative proposte inter-mediali e infine la chiusura dedicata al “grosso” giocone della conferenza. Che forse sarà Halo Qualcosa (quello lì con la sigla assurda), o forse no. Forse ci sarà da agitare qualche fatto, o forse no. Insomma, previsioni: poche sorprese, tante chiacchiere, molto arrosto ma niente per cui impazzire. Quantità e un po’ di qualità. Pronto a rimangiarmi tutto tra un paio d’ore e anche meno. Voto previsto: 7.5.
N.B. Immagine courtesy of Kotaku.com
I nuovi eroi #9
Lunga giornata di aggiornamenti politici, ma solo perché siamo in vista del traguardone. E quindi si lanciano i botti finali, in un lancio di fuochi d’artificio come mai sono stati visti tra Berenziga di Sotto e Pampualonia al Lambro. Chiudiamo la giornata elettiva con i due “blocchi”, uno per parte, uno per ogni votazione. Daniele Nava lo abbiamo già visto e, mica troppo, apprezzato: è il candidato alla provincia per il Popolo delle Libertà. E il suo gruppetto alacre si è preoccupato di mollare nella cassetta delle lettere il resoconto del programma previsto in caso di vittoria scintillante. La bellezza di 12 pagine più le quattro di copertina! In ogni pagina, il Nostro con un’espressione vagamente da “vorrei morire, lentamente ma con una certa dose di dolore. Con degli spilli nelle orecchie, tipo”. Chi ha visto “Boris”, conosce l’abilità estrema di Stanis LaRochelle di inanellare a comando le sue tre o quattro espressioni tipiche (“stupito”, “contento”, “arrabbiato”, etc.). Be’, il Nava mi tira fuori delle performance non da meno. Tutta da sognare e imitare quella preoccupata con manina sotto al mento, “mumble mumble, Zio Peperone pare abbia bisogno del mio aiuto, mumble mumble”. Per il resto anche questo è un buon lavoro, con della cura grafica, un fondino per la testata di ogni facciata che si ripete ribaltato (ché mica ne facciamo due), tante parole al vento e la promessa di combattere “i clandestini e i criminali”. In quest’ordine eh, il che la dice lunga. Promosso o bocciato? Promosso tecnicamente, bocciato su tutto il resto.
I nuovi eroi #8
Si allunga la lista di chi tira la volata a Virginio Brivio. Dentro e fuori dai partiti. Se poco fa abbiamo (ri)parlato di Alessandro Pozzi, a questo giro tocca all’esordiente (su questo blog) Emma Mantovani. La Emma mi arriva come facente parte del team “Azione positiva”, quella stessa etichetta che campeggiava generosa nel ricco librettino elettorale del Dott. Virginio analizzato con immutata stima la scorsa settimana. Ecco, Lady Mantovani invece punta a un A4 senza grossi sconvolgimenti. Solito tema grafico già promosso in prima battuta, solita faccia da pesce del suo capoccia Brivio, testo magro e semplice semplice. Talmente semplice che non mi regala alcun brivido. Che poi, dico, questa nelle prime righe si preoccupa di sottolineare come la sua famiglia sia “molto conosciuta in paese” (a Osnago). Ora, fa un po’ Il Padrino come faccenda. Sorvola, invece, sul tema principale della faccenda: Mantovani Emma ha svolto professione di insegnante ed educatrice per trentuno anno. Sì, ma insegnando cosa? E’ importante. Oltretutto qui ci si avvicina alla stretta finale promuovendo il Pozzi, ma ricordando chiaramente che Brivio ha l’espressione da quaglia che proprio non potrei mai votare. Sono giornate intense, anzichenò. 🙁