Gli ultimi giochi pubblicati da Electronic Arts secondo il sito ufficiale: Dante’s Inferno, The Saboteur, Need for Speed Shift, Mass Effect 2, Army of Two 40th Day, a cui vanno aggiunte le classiche espansioni per The Sims 3, roba simile per Battle Forge e via di questo passo. Ora, togliendo The Saboteur, non è che si intravveda lì dentro chissà quale interessante progetto caratterizzato da scelte stilistiche e di immaginario un filo diverse dal solito. Dante’s Inferno dite? Per pietà dai.
Ecco, ora invece prendete la sfilza di illustrazioni scovate sul web negli ultimi giorni e fate il confronto. Una sequela di progetti che forse non vedranno mai la luce o forse sì. Che forse già dopo i primi “pitch” si è capito sarebbero stati azzoppati da meccaniche di gioco blande e poco incisive ma che, perlomeno, avevano (hanno? Avranno?) dalla loro delle idee un po’ meno pre-confezionate di quelle che l’ex leader di settore è solito propinare. Si potrà dire che dopo essersi scottata durante l’annata delle “nuove IP” (Mirror’s Edge e Dead Space, 2008), Electronic Arts abbia tirato nuovamente in barca i remi. Ma invece anche no, perché alla fine entrambi hanno funzionato e non per nulla di entrambi è previsto un seguito. In un mercato sempre più avaro di nuovi eroi (e Brecht non ne sarebbe stato contento), assistere alla prematura scomparsa di giochi che non sono mai stati e che perlomeno concettualmente paiono spesso intriganti, fa un po’ male al cuore. Per la precisione mi sto riferendo alle illustrazioni qua a seguire.
Autore: Zave
Metti una sera, un sabba tra amici
“Lullabies to Paralyze” è il grande disco del dis-amore: la stragrande maggioranza di chi era saltato sulla macchina spedita a velocità smodata nel deserto di “Songs for the Deaf” se ne è andata. Niente più aspirina e Coca Cola, nessun bagordo, le luci si spengono, se ne va pure Olivieri il Diavolo e la creatura di sabbia rimane “solo” a Josh Homme, che ci fa quel che vuole. Dei cinque dischi dei Queens of the Stone Age, è anche quello più difficile da riascoltare, perché in testa ti rimane sempre quella vaga sensazione marmorea, di un blocco difficile da avvicinare. Ma non è meno riuscito di qualsiasi altro album del gruppo, tolto lui, il “Songs for the Deaf” di cui sopra. “Lullabies to Paralyze” è lungo e criptico, non tanto perché sia chissà quale svolta strumentale-filosofica-blabla, ma perché è nero e oscuro come le cose più nere e oscure del primo album, eponimo, del gruppo. E se vieni dalla sbornia di hit parade di “Songs for the Deaf”, è un po’ un casino.
A Heavy Rain’s A-Gonna Fall
Una demo tanto umida da farti correre a prendere un asciugamano e tuffarti in una Ciobar come dio comanda. D’altronde, se la demo è quella di Heavy Rain, non è che puoi stare lì a lamentarti. Un minuscolo tutorial, due scene di gioco, tre o quattro personaggi presentati e un trailer dopo, è tutto finito.
Certo è che se David Cage e la sua Quantic Dream erano alla ricerca del film interattivo “nuovo formato”, già queste prime minute fasi proposte a gratise hanno lasciato intuire dove vogliano andare a parare. Ma è ancora decisamente troppo poco per capire se la formula possa funzionare al meglio. Di sicuro è interessante e alcune scelte anche intelligenti. Non che sia tutto lampante fin da subito: la sezione “tutorial” fa storcere un po’ il naso. Sequenze di pulsanti da tenere premuti per far si che il detective privato sovrappeso e asmatico (tale Shelby) si districhi tra un cassonetto della spazzatura e riesca a raggiungere il suo inalatore, regalandosi un bel “Continue?” nel problematico gioco della vita (questa era bellissima oh). La sensazione è che sia una sorta di Resident Evil 4 all’ennesima potenza, con una possente spruzzata di Killer7. Del primo riprende l’interazione sperimentata durante le scene d’azione, quelle proprio impastate di quick-time event come se piovessero. Del secondo, invece, l’utilizzo di un pulsante da tenere premuto per far procedere il personaggio (a cui, grazie al cielo, aggiunge una certa dose di libertà di movimento, piuttosto che affidarsi ai binari preconfenzionati).
1 Song a Day: Just (Radiohead)
Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile. Clicca qui per scoprire le altre canzoni del giorno.
Che ci volete fare? Alcune scelte sono obbligate, e per quanto “Just” non sia (più) la mia canzone dei Radiohead preferita, di sicuro è quella a cui devo la passione per i tizi di Oxford, a cui lego un tot di ricordi e storielle e che quindi è degna nuova figurante nell’elenco delle canzoni del giorno. Oltretutto, ai tempi in cui i video musicali ancora esistevano, “Just” era tra le canzoni più interessanti da vedere. Oltre che da ascoltare, e vabbé. In quest’ultimo caso semplicemente perché è l’ennesima dimostrazione dell’affiatamente “da band” del gruppo. Un suono preciso e caratteristico, al tempo stesso corale e ricco di amore individuale (dalla bella linea di basso, alle chitarre ululanti). Con gli anni la produzione inizia a risentirne un minimo, oggi come oggi probabilmente il suono sarebbe meno “freddo” e sia Selway (batteria) che Greenwood (chitarra) gigionerebbero di più, anche attorno al blues, come in “15 Step” (“In Rainbows“). Ma va benissimo così.
“Just”, dicevo, è la canzone con cui mi sono messo assieme ai Radiohead. C’era già “Creep” ok, ma “Pablo Honey” non era arrivato a casa. C’era “High & Dry”, sicuro, e difatti “The Bends” aveva ricevuto la benedizione della collezione di CD di mio fratello per quella… ma non era ancora amore vero per il sottoscritto. Fino a che, in un pomeriggio di primo sole primaverile, in un sabato piuttosto placido, mi sono regalato per il compleanno il mio primo modem (un Trust 28.8 pagato uno sproposito). Ero sul tram con un walkman e la cassetta di “The Bends”, e di fronte a Piazza Duca D’Aosta ho capito che volevo sposarli. Con “Just”. Dire che, solo qualche tempo prima (ancora lievemente scosso dal tizio che si era sparato), avevo accusato questi inglesotti di aver palesemente ladrato il riff iniziale a “Smells Like Teen Spirit”. Ah, gli errori di gioventù.
Just
Di: Radiohead
Durata: 3′:54”
Dal disco: The Bends
Anno: 1995
Guarda e ascolta: cliccando qui
Cose su questo blog: un po’ di faccenderia
Outcast #4: violenze domestiche
Gioperpa ha finito di sputare sudore sul quarto episodio di Outcast, che segue di circa undici mesi e tre settimane quello precedente. Perché già se ci pagassero lavoreremmo male, ma pure aggratis… Il calcolo viene facile. Dovrei scrivere qua tipo l’elenco principale degli argomenti, ma è proprio una giornata bigia e grigia e poi lo ha fatto il capo molto meglio. Quindi andate di là e leggete, se volete. Giusto per fornire qualche indicazione di massima: Bayonetta, David Cage muori, il Wii ci piace-no-aspetta-forse-no, Babich fa il Sega Megadrive. Bene, evviva, ora scaricatevi il file .mp3 oppure abbonatevi seguendo i link all’altra pagina già collegata sopra.
Neve c’è, neve non c’è: in giorni squassati dall’affaire Morgan, trattare l’argomento della bianca regina che discende è sempre un po’ delicato. Ma serve, addirittura urge, togliere quel logo da poveracci dalla posizione “top” del blog. Quindi in attesa di robe tipo un filo più interessanti e constatato che l’aggiornamento di oggi del sito ufficiale di Sonic the Hedgehog 4 è la solita perculata… parliamo sì di neve. Che ha sorpreso di nuovo la zona milanese e mi ha reso più sopportabile il fatto di non aver sentito la sveglia ed essere prossimo al licenziamento per giusta causa. Quindi? Quindi sondaggione-inchiesta a gente a caso delle contact list super Internet-Social. Due righe sulla neve, ne basta una che tanto la prima se l’è sparata il tizio lì dei Bluvertigo. I risultati dopo il clicckete.
Comunicato stampa ufficiale di AIOMI. Copio e incollo:
Venerdì 22 gennaio 2010 è stato fatto un passo unico nella storia videoludica italiana. Presso l’Aula Polifunzionale di Palazzo Chigi, sede del Governo Italiano, è stato presentato il primo Rapporto sull’Industria Videoludica del Gruppo di Filiera dei Produttori Italiani di Videogiochi di Assoknowledge.
Inutile sottolineare quanto sia importante per gli addetti ai lavori e per il settore in toto, aver avuto la possibilità di mostrare lo status delle aziende italiane al cospetto del Ministro delle Politiche Giovanili On. Giorgia Meloni.
Dopo aver preso visione del rapporto, l’On. Meloni ha dichiarato che le istituzioni sono state poco presenti nei confronti del Videogioco ma che, da adesso, si impegneranno per dare il giusto supporto anche a questo settore.
L’On. Meloni si è inoltre proposta come tramite con il Governo in senso più ampio, facendosi addirittura garante di una maggiore attenzione verso il medium videoludico, soprattutto con l’idea di incentivare la produzione italiana.
“Sarebbe bello“, ha aggiunto il Ministro, “commemorare i 150 anni dall’Unità d’Italia con un videogioco, ovviamente realizzato in Italia“. L’illustre chairman dell’evento è stato Roberto Genovesi, consigliere dell’On. Meloni nonché Direttore artistico di Cartoons On the Bay.
I relatori dell’evento sono stati Raoul Carbone, il Presidente della Filiera, Paola Frignani (Milestone), che ha esposto i dati del rapporto, e Laura Deitinger, Presidente di Assoknowledge. Il Rapporto, redatto da AIOMI sulla base dei dati forniti da Nielsen, ha avuto il patrocinio del Governo ed è scaricabile dall’Home Page o all’interno della sezione Documenti.
Aggiornamento: ora con più immagini ufficiali!
Va bene, ora parliamo di Sonic the Hedgehog 4. Ho preso un caffé, sono andato alla toilette (la gente di classe va alla toilette), ho scelto un disco e ora parliamo di Sonic the Hedgehog 4. Mi viene facile credere che il 90% della gente che legge questo blog sappia già tutto di quello che è stato reso noto questa mattina da Sega: “Sonic ritorna alle origini”, “gioco 2D con elementi 3D”, “episodico”, “XBLA, PSN, WiiWare [+ future edizioni iPod/Phone/Pad/mobile in generale]”, “luglio 2010”. Ci siamo, ora ne parliamo però.
Ma lo sapevate che Beppe Severgnini è interista? No? Be’ ma è clamoroso! Vi assicuro che è interista! Lo ha scritto lui sul Sette di oggi. O forse era sul Corriere di ieri. O forse su Style di settimana scorsa. Sempre che non mi stia confondendo con Vivimilano di otto giorni fa. Anche se ci sono buone possibilità che si trattasse del Corriere di lunedì. Eh si oh, un paio di volte gli è scappato di accennare alla cosa, fuori contesto. In qualsiasi altro contesto, ovunque, sempre, cheppalle. Presente la battuta sulle polveri sottili che si faceva quando i nerazzurri hanno vinto una Coppa Italia qualche anno fa (dopo eoni di buio) e le bandiere riposte in soffitta sono tornate a sventolare a Milano? Esattamente la stessa cosa.
Beppe Severgnini, che gli si vuole bene anche se non so esattamente il perché, forse perché è troppo intelligente per essere come Vincenzo Mollica e troppo patatone per volergli davvero qualcosa di male (tipo che gli si slaccino le scarpe per strada, queste cose brutte). Beppe Severgnini, dicevo, è un bell’argomento blogghico, ce ne sarebbe da dire, e per cominciare si può proprio partire da questo suo essere uno dei tifosi interisti più fastidiosi della storia. Sullo stesso piano dell’attuale Dr. Manate e di un AleGalli che fino a qualche anno fa era semplicemente davanti a tutti (ciao Aleganza, mio unico amministratore delegato).
Poi appena mi scende il fastidio provo anche a fare l’elogio funebre di Sette, del nuovo Sette già vecchio. Sulla cui bara c’è il bel sigillo in ceralacca con la sigla: “Bsev”. Buongiorno, intanto.