Sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato un sogno: incontrare gente a Milano senza dovermi accampare ai Navigli. Dopo un mese e passa di vita pubblica (sui mezzi pubblici) è ora di fare un po’ il resoconto. Ogni giorno vivo appieno nella straordinaria intelaiatura di uno strepitoso social network: attraverso tre portali accetto una valanga di richieste d’amicizia, tranne poi doverle tramutare in minacce di odio sempiterno appena mi ricordo di essere un sociopatico. Ascolto anche un botto di musica, ma purtroppo non pubblico alcun link sulla bacheca considerata la natura “chiusa e iperchiusa” delle cuffie arrivate proprio all’inizio del mese.
E spesso c’è da ridire con chi dovrebbe mantenere in buono stato il servizio, che oltretutto pago, a differenza del finto mondo digitale tutto chiacchiere e distintivo. Andiamo con ordine.
MyTreno: posizionato sul server Lecco-Milano, la mia sessione dura all’incirca mezz’ora, tanto serve per partire alle 07.36 da Osnago Beach e arrivare a Milano P.ta Garibaldi. Ora che la faccenda sta virando verso l’estate più ostentata la situazione è anche vivibile, ma altrimenti si rischia spesso di stare in piedi o seduti in quei bei posti angusti in cui ogni altezza superiore a quella del Brunetta è mortificata e viene fatta vivere come una maledizione divina. La mattina il problema caldo non si pone, va tutto bene fortunatamente. Ritardi rari e solitamente nell’ordine dei cinque minuti mal che vada. Per ora. Che è sempre estate.
Al ritorno stringere amicizia diventa immediatamente più facile e per tutti i motivi che non si vorrebbero mai scovare. Il caldo davvero lurido che assicurano le carrozze senza aria condizionata, ovvero il 90% di quelle in circolazione sulle vetture lanciate nella tristosfera alle 18.49 (da Garibaldi ovviamente, che fu ferito, lo ricordo). Si impreca tutti assieme, si crea il gruppo “quelli che se passa uno di Trenitalia finisce davvero a schifio” e si fanno i quiz “chi minchia sta puzzando di tonno rancido?”. Ritardi pochi. Voglia di vivere ancora meno. Ma vabbé. Il voto, in conclusione, è un cinque. Che va bene niente ritardi (o giù di lì), ma la mancanza di aria condizionata, la scomodità strutturale perenne e la generale arretratezza in fatto di optional (ma anche di “fondamental”) c’è sempre.
MetroBook: seconda tratta, da Garibaldi (ad una gamba) a Famagosta. Nome ignobile, che riscende in me memorie di concerti antichi. Ma chissenefrega. Il tragitto si fissa sui quindici minuti scarsi, molto scarsi, pure troppo. E qui siamo in balia del Grande Dio delle Casualità. Sulla banchina la gente è sempre tanta, molto tanta, pure troppo. Tranne quando ce n’è nettamente di meno, alla stessa ora di sempre, per motivi insondabili ma che ora mi piace ricondurre agli UFO, a Cardillo e alle scelte monastiche di Mengacci Davide. La casualità totale è comunque quella legata, in particolar modo, al treno che arriverà. Sarà nuovo? Sarà semi-nuovo? Sarà medio? Sarà antico? Ognuno ha i suoi pro e i suoi contro. No, manco per nulla in effetti. Quelli nuovissimi, visto una volta e preso una volta (oggi), sono spaziosi, climatizzati, ancora puliti e con dei begli schermini che danno un sacco di informazioni piccine picciò sulla prossima fermata. Non che ci sia grande interesse, dato che tanto leggo quindi possono anche passare “I ragazzi del muretto” per quanto mi riguarda. Il treno antico di buono ha l’antico, per l’appunto. Il viale delle rimembranze dei tempi della scuola, i posti in fondo messi in perpendicolare rispetto al vagone, etc. etc. Ma si rischia di aver caldo. Quelli medi, di treni, sono inutili e andrebbero abbattuti come tutti quelli che si rifiutano di prendere una posizione e continuano a mantenersi nella mediocrità. Una nota: MetroBook è più simile al C6 di un tempo, quella macelleria per tirar su ragazzette che il Sano adorava consigliarmi, uhm, dieci anni fa? Dieci anni fa, sì. Ci si tocca tutti, ci si palpeggia squallidamente, la gente tanfa in maniera immorale e inumana fin dalle 8 e mezza di mattina (inspiegabilmente, tralasciando l’ipotesi demoralizzante di un odio cronico per la doccia), ma nessuno si parla per sul serio. Da quando, poi, è possibile usare il cellulare anche sottoterra e soprattutto in metropolitana (più che nel regno del becchino), c’è sempre quello che parla a cazzo di cane urlando, perché lui è avanti. Voto: sei e mezzo la media, sette e mezzo le carrozze nuovissime, quindici a quelle vecchie solo per meriti non propri.
ICB: I See(k) Bus, insomma è venuto fuori una chiavica questo. Comunque è l’ultima tappa dell’andata e la prima del ritorno, in una considerazione su cui ci piace soffermarci in onore della festa della logica applicata. Il bus va bene dai, ce la fa. Parte da Famagosta e arriva di fronte al mega-complesso-Overlook Hotel di Milanofiori dopo meno di dieci minuti. All’andata non si soffre granché il caldo, lo schermino non si guarda perché altrimenti è nausea per tutto il giorno, l’allestimento interno non muta al mutare della linea (che può essere la 320 o la 328, indifferentemente) e la gente ha tutta quella faccia di chi non è proprio così che se l’era immaginata la vita. Io incluso credo. La frequenza delle corse è buona, trattandosi tutto sommato di una linea interurbana e al ritorno, nonostante la calca piuttosto ingestibile, l’aria condizionata mitiga le brutture del vivere in un mondo popolato. Sovrappopolato. Voto sette.
2 risposte su “Social Network della Madunina”
i posti in fondo messi in perpendicolare rispetto al vagone sono decisamente i miei preferiti.
E allora vedi che bisogna procedere col Plafonio?!