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Zlatan Italian Style: 2004-2009

In un’era in cui le mosse di calcio mercato della Juventus erano sconosciute ai più, ovvero quando a muovere i fili c’era il burattinaio pazzo meglio noto come Moggi Luciano, le cose succedevano come d’improvviso. Tutto ad un tratto, come il coro di “T.V.U.M.D.B.”. Tutto ad un tratto è anche arrivato Zlatan Ibrahimovic, assieme a Fabio “Capo del Mondo” Cannavaro, alla fine dei potenziali giorni di contrattazione dell’estate 2004. E fino ad allora Zlatan era un bo’ con un naso da favola. Aveva gonfiato a modo suo la rete che all’inizio della stagione aveva condannato gli azzurri fuori dagli Europei, ma forse era stato un caso. E poi, non diciamo cazzate, era quella vecchia bestia anomala di Trapattoni ad aver ucciso tutto. Comunque arrivò. E io provai a indagare. – Continua con… saluti e baci a Zlavan Ibrahimovic, ora con meno dolore che in passato. [clicca qui per leggere tutto]

Zlatan "Zlavan" Ibrahimovic: come lo voglio ricordare.
Zlatan "Zlavan" Ibrahimovic: come lo voglio ricordare.

In un’era in cui le mosse di calcio mercato della Juventus erano sconosciute ai più, ovvero quando a muovere i fili c’era il burattinaio pazzo meglio noto come Moggi Luciano, le cose succedevano come d’improvviso. Tutto ad un tratto, come il coro di “T.V.U.M.D.B.”. Tutto ad un tratto è anche arrivato Zlatan Ibrahimovic, assieme a Fabio “Capo del Mondo” Cannavaro, alla fine dei potenziali giorni di contrattazione dell’estate 2004. E fino ad allora Zlatan era un bo’ con un naso da favola. Aveva gonfiato a modo suo la rete che all’inizio della stagione aveva condannato gli azzurri fuori dagli Europei, ma forse era stato un caso. E poi, non diciamo cazzate, era quella vecchia bestia anomala di Trapattoni ad aver ucciso tutto. Comunque arrivò. E io provai a indagare.
Mai, prima di allora, avevo speso tempo e (poche) forze per documentarmi seriamente su di un giocatore che non (cor)rispondesse alla fu-zazzera di Del Piero o allo sguardo gentile e determinato di Zinedine. Ma di Ibrahimovic qualcuno aveva detto grandi cose. Ne erano convinti anche i fan allo stadio (terminale) che lo avevano venerato all’Ajax. Tanto che il lodato mondo della Grande Rete era ricco di filmati amatoriali con le sue cose migliori. Sarà…

Poi arriva. Poi fa gol al debutto contro il Brescia. Un gol brutto, in una partita stravinta dalla Juve di Capello. Brutto, ma, come poi sarà facile scoprire, tipico del giocatore svedese (come io sono Iraniano): di forza e un po’ di astuzia. Tanto sportello e altrettanta determinazione. La mascella Marvel di Capello lo ingabbia in una posizione fissa, tra l’altro mettendo (come sempre) a soqquadro l’ordine gerarchico precostituito tra gli attaccanti bianconeri. Non si capisce bene come, ma deve imparare a giocare con maggiore disciplina. Inizia a segnare, non benissimo: da fuori tira che è uno schifo, di testa ne facesse uno che fosse uno e in generale sembra quello che quando esploderà del tutto ci sarà da andare di Duck & Cover, ma per ora ha delle strane mosse e tanta forza.

“Ciao, io sono Zlatan e voi chi cazzo siete?”

(Zlatan Ibrahimovic, 2001, spogliatoio dell’Ajax)

Le strane mosse sono quelle con cui attorciglia gambe e piede attorno ad avversari e palla, sfidando la normale struttura e funzionalità delle giunture. Non si capisce come lo fa, ma lo fa. Non è uno spettacolo da vedere, ma ha qualcosa di strano e di affascinante.
E’ un vincente. A modo suo è un vincente a prescindere. Usando altri termini, un filo meno eleganti, è “un minchia totale”. Convinto di essere la nuova grande cosa del calcio, prova a fare di tutto. Doppi passi, elastico, sombrero, manca la trivela, ma per motivi cronologici o giù di lì. A volte gli riesce tutto, a volte no. A volte si pappa gol che forse pure io avrei potuto fare, altre volte inventa giocate che non dovrebbero essere considerate legali. Non è ancora un grandissimo giocatore, ma ipnotizza il pubblico e si fa amare perché è uno che tratta male gli avversari. Non tanto per le gomitate in piena trachea, sarà anche successo ok… *, ma più che altro per la mancanza di stima nei confronti di peraltro stimati professionisti. Insomma, li percula, ma tipo abbestia.
ibrahimovic_juve_home_0506Sicuro e arcisicuro di rappresentare la fusione perfetta di Maradona, Pelé e Aristotheles, scende in campo emanando un minaccioso mana di ganassitudine (da “ganassa”, s.m.). L’intuizione: la partita con la Lazio, a Torino, con due suoi gol. Di voglia, forza, potenza, disperazione, sicurezza. Il momento inarrivabile: in Champions League, contro il Bayern Monaco di Magat, quando (saremo circa al 75°) prende palla, si ferma all’estremità sinistra del campo, all’altezza dell’area tedesca e… e ferma il pallone con la suola. Il difensore non ci prova nemmeno più a entrare, a tentare di portarsi via il pallone. Ha sprecato la parte precedente dell’incontro a provarci, venendo spesso e volentieri scherzato e menato per il torrone da Zlatan, che sul mio desktop viveva in una cartella rinominata “Zlavan”. Ibrahimovic appoggia i palmi delle mani sui fianchi e aspetta l’avversario, ormai stordito e incazzato come un’ape.
Lo svedese ha ridotto allo stordimento e all’impotenza il suo nemico. Cosa che ha sempre cercato di fare. Anche quando non dimostrava sufficiente maturità, tranquillità o esperienza per risultare decisivo nelle notti solo per leoni della Champions. Anche quando, più che altro, è andato via. Peggio, è andato all’Inter. Lì, però, gli hanno steso il tappeto rosso che né la Juventus, né tantomeno uno come Capello, avrebbero mai potuto stendergli: gioca come vuoi, dove vuoi, vedi tu. Capello lo riprendeva di continuo durante le partite, urlando sempiternamente consigli (doveri e obblighi) sulla posizione che avrebbe dovuto mantenere… Mancini si è limitato a dirgli di giocare a calcio. Uno dei due ha avuto ragione, o forse entrambi**.
Ora Zlatanino, l’unico giocatore di calcio per cui abbia mai speso dei soldi (una lurida sciarpa da 10 Euro fuori dallo Stadio Delle Alpi), se n’è andato. Saluta tutti e chiude la lunga e fortunata, ma non completamente soddisfacente, parentesi tricolore. Peccato.

* = e comunque, non diciamone. Ibrahimovic alla Juve veniva perennemente ammonito (in campionato). Curiosamente nell’epoca della lealtà a tutti i costi, quella in cui ovviamente vince solo chi se lo merita davvero (l’Inter, naturale), il numero di cartellini scende drasticamente. Per salire in Europa.

** = troppo facile dire che a “vincere” è stato Mancini. Lui ha avuto un Ibrahimovic al massimo della forma mentale e tattica, anche grazie all’esperienza nella Juventus e, forse, ai consigli di Capello.

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