La pietra tombale sotto cui nascondere i cadaveri dal muso lungo di chi ha adorato solo “Melody A.M.”, iniziando a storcere il naso di fronte alla “faciloneria” di “The Understanding”: da circa sei mesi “Junior” fa esattamente questo. Nulla di più, tralasciando dell’ottima musica, naturalmente. Il che non si traduce in: “se ti è piaciuta ‘Eple’ allontanati senza dare nell’occhio”. Figurarsi.
Con il primo di quella che dovrebbe divenire un’opera doppia (ma dell’altra metà, “Senior”, ancora non v’è traccia alcuna), i Röyksopp danno definitivamente una spallata alla lancetta, che ora indica più chiaramente la matrice pop di pressoché tutti gli episodi del disco. Che vuol dire tutto e, guarda un po’, non vuol dire proprio nulla. Parlano con più cognizione di causa i dati riferiti alle ospitate: Karin Dreijer di The Knife (anche nota come Fever Ray), Robyn per “The Girl and the Robot”, Lykke Li in “Miss it So Much” e Anneli Drecker (Bel Canto) per altri enne pezzi. Un sacco di voce, un sacco di bella voce, un sacco di bella voce al femminile, perché “Junior” rispetta e fa una valanga di grattini dietro le orecchie ai panorami sonoro, alla costruzione effetto su effetto, ma vive in particolar modo della potenza e del carattere che si crea unitamente alle voci. Ai ritornelli.
Una bestemmia in poche parole? Ho passato del tempo a dipingermi il disco come indigesto, a reclamare la mia dose di ambient à la “Melody A.M.”, la verità è che “Junior” è un album di rara capacità e intelligenza. Perché per sapersi vendere con dell’ultrapop danzereccio-elettronico, bisogna saperlo fare. Sapersi vendere anche verso chi ha delle pretese, oltretutto. E allora il DNA del duo nordico non è mutato in qualcosa di differente, ma solo in qualcosa di più dinamico. Oggi i Röyksopp sanno ancora inanellare il trittico di (semi)chiusura “You don’t Have a Clue”, “Silver Cruiser”, “True to Life” rimanendo fedeli ai loro vecchi stessi, ma contemporaneamente avvinghiandosi a strepitosi passaggi radio-friendly come mai prima d’ora (“The Girl and the Robot”, “Happy Up Here”). Senza insultare, senza appiattirsi, ma rigirando i loro suoni a loro modo, studiando ogni millimetro del tappeto che vanno a tessere. Un tappeto ricco di trapani elettronici e molle sintetiche, escalation al limite del ridicolo (“Royksopp Forever”), che poi, però, funzionano deliziosamente perché il limite lo sfiorano, senza mai oltrepassarlo.
Misura e abilità, per il degno terzo capitolo della vita discografica di Torbjørn Brundtland and Svein Berge. E, se volete, potete ancora chiudere gli occhi e far finta di trovarvi in un meriggio autunnale pieno di smog e nevi perenni. Tutto è compatibile e miscelabile, se dietro ci sono quelli di “Poor Leno”.
Röyksopp – Junior
EMI – 50 minuti
Queste dovete ascoltarle: Happy Up Here, The Girl and the Robot, You Don’t Have a ClueZavalutazione: ♥♥♥♥♥
0 risposte su “Svendersi con classe: Röyksopp”
Happy Up Here è Eple 2.
You Don’t Have a Clue è un capolavoro.
L’altra che mi piace tantissimo è Vision One, goduria elettronica.
Sì, son d’accordo su Eple 2. Gli effettini sgarzolini son gli stessi. You Don’t Have a Clue è il capolavoro del disco e siamo sempre d’accordo.
Io impazzisco per Happy Up Here. Il resto mi lascia freddo.
A volte mi chiedo com’è possibile fare un pezzo fighissimo e il resto dell’album nullo. E non accorgersene manco.
Be’, suppongo che non la pensino come te, come il sottoscritto e quell’altro che ha commentato. Ottimo album, per quanto mi riguarda.
E’ un gran bel disco, ottimi arrangiamenti e di: You don’t have a clue adoro il loop di piano non “completamente sincronizzato alla base”, salta una battuta.
cheers
E rieccoci a parlare di Royksopp. Come dissi mesi or sono, anche la mia preferita è la traccia ottava. Ah, comunque è appena uscito il video del terzo singolo, This must be it. L’uscita di Senior la vedo molto lontana. Anzi, non la vedo proprio.
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