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Alice in Chains: ricominciando

Alice in Chains 2009 - "Black Gives Way to Blue"
Alice in Chains 2009 - "Black Gives Way to Blue"

E’ troppo tardi per tutto. Troppo tardi per gli Alice in Chains. Troppo tardi per Layne Staley. Troppo tardi per recuperare il doppio “Degradation Trip” del solista Cantrell e confrontare, ché i CD non so dove siano finiti (custodia vuota, c’è di peggio nella vita?).
Troppo tardi per ascoltare per la prima volta “Black Gives Way to Blue”, il ritorno in gioco del gruppo bluesheavygrunge (aggiungete un paio d’altri, se vi serve). Ma d’altronde così è e quindi fuori le droghe eccitanti e determinazione nel fare almeno un giro completo prima di abbandonarsi al sonno del giusto.

Ma, per intenderci, sarà mica un brutto obbligo che Cantrell e amici si sono sentiti in dovere di rispettare? Obbligo a livello irrazionale, intendiamoci: perché di obbligo da IBAN in lacrime… be’, non voglio nemmeno immaginare possa succedere per davvero. Sono un romantico, io. Non propriamente romantico è l’attacco (siamo solo alla terza traccia, io e Zero) dell’album, tutto tranne che un marasma di cuoricini, infranti o palpitanti che siano. Anzi. C’è dell’incazzatura da post-mezza età. C’è la voce distorta e liquida, che però non è quella voce distorta e liquida. Nessuna novità, figurarsi: “e poi saranno anche liberi di fare quel che vogliono, no?”. Certo che sì: l’unica prova è sempre la musica, mica le premesse. Ecco, e forse la musica degli Alice in Chains proprio non può esistere senza il nostro amabile ex eroinomane: perché era una ricetta sacra, un equilibrio di elementi che non avrebbero dovuto amalgamarsi e invece, guarda un po’, si avvolgevano con un misto di mistero ed efficacia. Qui no, qui il cuore vuole crederci, ma forse la testa ha già deciso tutto.
E quella chitarra? E’ già bella. Bella tosta, bella possente, grande, rigidamente bastonatrice. Un po’ come il grande pennello Cinghiale: solo questa può servire per gli Alice in Chains. Solo… solo che dalla prima alla terza traccia sembra un unico passaggio dello stesso giro di chitarra che tira su un muro e lì rimane. Almeno fino a “Your Decision” (numero quattro), che parte con l’attacco acustico che fa un po’ “l’ho sentito altre mille volte nell’unplugged” e un po’ piace e basta e insomma, vaffanculo.
Ma tanto è troppo tardi per decidere se valga la pena o meno. So già come finirà: dirò che tutto sommato dai, oh, che vuoi, è roba che mi piace proprio. Anche se no, non è la stessa cosa, ma tanto quel che c’è là fuori per larga parte è peggio pure di questo Cantrell incatenato dal suo passato. “Degradation Trip Volume 3” by Cantrell in Chains, potrei volergli bene. Se solo non fosse troppo tardi.

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