Ci sono stato a Liverpool, solo una volta e dieci anni dopo, ma ci sono stato. Nelle poche ore libere a disposizione mi sono fatto un giro nella zona pop del porto o qualcosa del genere, dopo essermi fatto offrire un Beatles-tour in formato ultra ridotto dal generoso tassista e aver speso il resto del tempo tra gli uffici della già traballante Bizarre Creations e un hotel in centro.
Nel 2009 Liverpool non ha nulla a che vedere con il parcheggio dell’Auchan di Vimodrone dell’estate del 1999. O forse sì, ma non quella che ho visto io e spero comunque di no, perché di bello, il parcheggio dell’Auchan di Vimodrone, non aveva nulla. Se non la musica gettata addosso dal lettore CD portatile e da Surrender, il disco di quell’estate, che avevo appena comprato. Dal centro commerciale a casa ci sarebbero voluti circa venti minuti, forse mezz’ora e rigorosamente a piedi: mai avuto un motorino e non volevano saperne di concedermi la patente (a quel punto avevo lasciato perdere e ci sarei tornato sopra anni dopo).
In quella mezz’ora il caldo estivo mi squaglia la maglietta, ma cammino rimbalzando al ritmo di Music: Response e immagino cosa fare di nuovo, cosa fare di altro, per PlayStation World. Stiamo lavorando al terzo numero e in copertina ci sarà Wip3out: non assegno il pezzo a nessun altro, per la prima volta ho modo di scrivere io di WipEout e non se ne discute. PlayStation World è cosa recentissima e per la prima volta sono io a coordinare l’intero gruppo “redazionale”, a nemmeno tre anni di distanza dal primo articolo pubblicato e pagato su/da una rivista/editore. Non è una cosa da enfant prodige, semplicemente il mercato che è al suo massimo, tanto da ingolfare le edicole con una quantità ridicola e insensata di mensili dedicati a PlayStation (saranno quasi trenta, nel momento di massima gloria e follia). Quindi una chance la si concede non tanto a chi bazzica lo Studio Vit da qualche stagione, ma più che altro a chi aveva messo in piedi una fanzine coi mezzi di fine anni novanta: un sito amatoriale, prima dell’epoca dei blog e dei LiveJournal e via andando.
Surrender parte con una copertina maestosa e immaginifica, proseguendo poi con lo strapotere dei Chemical Brothers che, nel 1999, sono divinità pagane dal cui mixer pendono le orecchie e le menti di una generazione. Dig Your Own Hole è stato il disco con cui li ho conosciuti, a partire dal video di Electrobank, ma Surrender è il loro primo album di cui seguo la genesi attraverso le pagine delle riviste, per cui conto le settimane che mancano all’uscita e che, poi, divoro appena possibile. Vive in perfetta sincronia con tutto quello che accade in quell’estate: il diploma, Wip3out e, appunto, PlayStation World che regala indizi sul lavoro che potrei fare per davvero, a prescindere dall’università che sarà (e che invece non sarà). Non ha l’impatto di Dig Your Own Hole, che è poi l’ora scarsa che mi ha fatto scoprire la musica elettronica al di là della dance di merda di Radio Deejay (l’adolescenza è fatta così), ma negli anni si conferma come l’LP dei Chemical Brothers su cui torno più frequentemente.
Anche perché Surrender continua a ricordarmi Wip3out e con il gioco di Psygnosis condivide un valore e una posizione nella storia della famiglia di appartenenza. Sono passati quasi tre anni da WipEout 2097, distante a sua volta solo dodici mesi dal genitore del 1995 (WipEout). Intanto il mondo dei videogiochi si è inchinato di fronte alla serie pop trendy dell’ex Psygnosis, ha fatto una giravolta e ha digerito la lezione. Non è riuscito a mandarla a memoria tanto da produrre risultati altrettanto eclatanti e pochi giochi (nessuno?) potranno dire di essere stati intrisi dello zeitgeist come quei primi due WipEout, ma intanto la cosa non è più una novità.
Wip3out, come Surrender, deve dare conferme, conscio di non poter più sorprendere. Insomma, è la volta dell’età adulta o semi-adulta e se anche l’esito non piazza le due opere alla stessa altezza di chi le ha precedute (ma per Surrender tenderei a pormi dei dubbi), almeno lascia intendere che la mano, dietro, è ancora calda e la mente lucida. Wip3out tenta di trovare uno stile estetico simile a quello dei primi due giochi e in parte, ancora, ci riesce. Tutto quello che c’è dentro dimostra, poi, rigore e umile attenzione da parte di Psygnosis: in quei pochi anni il settore si è definitivamente allontanato e slegato dalle influenze arcade e ha scordato certi limiti. Wip3out non si rivoluziona, ma non scorda nemmeno di inserire tante nuove modalità e di mettere su chili. Ci sono ancora lampi di grande classe: Mega Mall e P-Mar Project sfoggiano un track design di talento puro. Il modello di guida si è fatto più preciso e profondo, perdendo ulteriormente le spigolature e le ruvidezze del 1995. E nella colonna sonora, tra i Propellerheads e gli Orbital, ci sono anche gli stessi Chemical Brothers con Under the Influence, uno spettacolo videolisergico.
Wip3out è stato l’ultimo capitolo della serie per cui abbia stravisto: WipEout Fusion, pochi anni dopo e una PlayStation più in là, falliva nel tentativo del rilancio (pur giocandosi bene qualche carta). Le due uscite su PSP e PS Vita sono di alta caratura, ma la sensazione è che WipEout si sia messo a parlare di WipEout, sia al centro di un vorticoso autocitazionismo, piuttosto che il profeta che interpreta e svela tutti i significati del mondo che ci circonda.
Surrender è scivolato in Come With Us (2003), altro disco eccellente. Poi, anche ai Chemical Brothers, è toccato il destino di non riuscire più a gestire il faro che illumina la scena, limitandosi a buone cose e a interventi di gran classe attorcigliati ad altri più divertiti e scanzonati, senza però ritrovare l’ambizione e l’importanza dei loro primi dieci anni (qui ci sta tranquillamente un “e grazie al cazzo”).
L’estate del 1999 è stato l’inizio di tutto, la fine di molto altro e un secolo che scoppiava via, lasciandomi in un mulinello di promesse e promesse ben riassunte dal caldo e dalla complessia e tempestosa frenesia di Out of Control. Mentre sogno un record sulla pista a gravità zero, in attesa del verde all’incrocio pedonale della Strada Padana Superiore.