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Oink.me: quando volavano i maiali

Oink me

Ieri, a due anni e alcuni mesi dalla sospensione dei servizi offerti, si è aperto il processo ad Alan Ellis, creatore/gestore/padrone assoluto di Oink.me. O anche Oink.cd. Qualunque fosse l’indirizzo utilizzato, il nome si leggeva allo stesso modo: “il posto in cui andare se vuoi trovare i meglio torrent della musica [e non solo]”. Sfidando apertamente i tanti cani poliziotto che infestano queste pagine lo dico proprio palese palese: usavo Oink. Volevo bene a Oink. Ma tipo un sacchissimo di bene, così come volevo e voglio bene al mio amichetto artista che me lo aveva prima fatto conoscere e poi, soprattutto, mi aveva spedito l’invio.
Bene, oggi si apre il processo e vengono fuori cose interessanti. Posto che la posizione del sottoscritto di fronte al file sharing è banale e condivisa (non si impedisce, eventualmente si sfrutta)… Posto che la mia storia personale testimonia semplicemente il fatto che da quando esiste questa cosa del “scaricati tutto quello che vuoi” ho finito per spendere più soldi di prima in musica e accessoristica legata… Posto tutto questo e posto sopra che ho versato qualche finta lacrima digitale alla chiusura di Oink, qualcosa non torna. L’accusa parla di un conto in banca da 190.000 sterline per Ellis, evidentemente (sempre secondo l’accusa) riconducibili totalmente o per buona parte al sistema di donazioni legato a Oink, o alla gadgetteria assortita (tazze e magliette).
Oink meLa difesa ufficiale di Ellis è sempre stata elementare: Oink era un aggregatore di link, come un Google a caso utilizzato con le giuste stringhe di ricerca, tutto qui. Ieri, interrogato sul senso ultimo dell’esistenza del sito, il webcapo ha risposto (riporto dall’articolo del “New Musical Express”):

I didn’t have an intention, I was furthering my skills as a programmer, as a software engineer.

Però ci sono quelle 190.000 sterline. Va bene la donazione, va bene l’amore, l’amicizia, l’unione contro il mondo brutto & cattivo, ma se devi farci dei soldi… devono essere quelli che servono a coprire i costi di mantenimento dei server, di manutenzione del sito e due spiccioli due per il tempo che ci perdi. Evidentemente non i 190.000 del conto in banca.
Perché altrimenti, come ha continuato l’accusa:

Every penny was going to Mr Ellis. He hadn’t sung a note, he hadn’t played an instrument, he hadn’t produced anything. The money was not going to the people it rightly belonged to.

Ma sono confuso, mi hanno messo in dubbio il romanticismo pro-Oink. Da qui si può solo fuggire scavando.

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Videogiochi

Videogiochi e illustrazioni, puntata #1

Avatar VCS

Tra i discorsi da snob miei e del Magiustra è spesso rimbalzato quello delle illustrazioni dedicate ai videogiochi. Più precisamente le copertine, che poi sono solo la punta dell’iceberg. Perché in novantanove casi su cento l’illustrazione di copertina è solo il frutto di tutto lo stile (o, meglio, della mancanza dello stesso) palesata all’interno del gioco. Ecco, quante copertine “belle” ma tipo “davvero belle” ricordate? Poche. Ce ne sono di degne, di interessanti, alcune fatte bene, ma di copertine superbamente e amorevolmente ricche di stile… be’, poca roba. Molto più facile, invece, che vengano pensate e realizzate unicamente come dei cataloghi dell’Auchan, giusto un filo meglio. Il che ci sta anche, dato che tutto sommato a quello servono: devono accalappiare l’attenzione e farsi volere bene da qualche banconota.
Soprattutto nel caso di giochi di medio livello, la copertina è probabilmente il primo e ultimo mezzo di comunicazione/pubblicitario cui ci si possa affidare. Spazio risicato nelle riviste offline/online, niente campagna televisiva e quel neo del modello di distribuzione unico e limitato che tarpa le ali ai videogiochi da anni. Quindi giusto così, purtroppo. Però… però poi capita di vedere qualcosa di simile al lavoro svolto da Robert Penney (cfr. immagine in apertura di post) o quello di tanta altra gente sull’internet e un po’ ci rimani male. Va bene, in realtà la questione-Penney è più sfaccettata, perché il valore aggiunto è tutto dato dalla memoria, dal retroamore e via andando (oltretutto, in questi casi, si parla semplicemente di film-riadattati-a-videogiochi che mai furono). Ma, invece, i finti “videogiochi se fossero stati libri” che incollo qua sotto? Da pulirsi gli occhi.

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Videogiochi

Army Wives: sogni da Rockstar schiavizzate

Rockstar San Diego wives

Quasi dieci anni fa (ma credo che in effetti fossero nove) ho tradotto e riadattato una lunga intervista, nonché una sorta di dossier di approfondimento dedicato a Sam Houser, poi pubblicato sulle pagine di Ufficiale PlayStation 2 Magazine. Un bel pezzo, non perché fosse stato tradotto/adattato bene, ma perché era proprio interessante di suo, alla base. Era un’epoca differente per il Signor Houser, pre-lancio di Grand Theft Auto III, quando si supponeva che qualcosa sarebbe potuto succedere, ma nessuno probabilmente aveva anche solo provato a ipotizzare un’esplosione squassante quale poi è seguita al lancio del gioco. E al seguito. E ai seguiti. E blabla.
Nelle sue parole, Rockstar era idealmente una nuova Atari. Anzi, non credo sinceramente avesse detto nulla di davvero simile, ma la descrizione dell’approccio mentale e pratico all’ideazione (prima) e alle condizioni di lavoro (poi) messe in atto da Sam e Soci mi aveva portato facilmente ad avvicinare le due immagini. Atari, nell’era Bushnell pre-mega acquisizione da parte di Time-Warner (erano loro, no?), era quel posto folle, drogato, Ramones e idealmente punk ben descritto nelle pagine di “The First Quarter” da Steven Kent. Se non lo avete letto, procuratevelo e fatelo*.

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Figate spazianti

(S)Figate spazianti: Mario ai ferri

Super Mario

Anche in questo caso un semplice clic sull’immagine vi aprirà il cervello alla conoscenza di nuove tribolazioni mistiche.

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1 Song a Day Musica

1 Song a Day: Hey Bulldog (The Beatles)

The Beatles Hey Bulldog

Una canzone al giorno leva il medico di torno. Se è quella sbagliata, nel posto sbagliato, all’orario sbagliato, ti leva di torno pure il contratto a tempo determinato o d’affitto. Un bel chissenefrega è comunque sempre auspicabile.

Come ti giri, rimbalzi contro un pezzo da sturbo dei Beatles. Vivere nel post-riedizione dell’intera discografia dei Fab Cosi di Liverpool è una splendida tortura. Ed “Hey Bulldog” è una splendida canzone, tra altre seimila alla sua altezza firmate dalla coppia che poi scoppia (Lennon/McCartney, bisognava proprio scriverlo?). Stupida e arrembante, ritmante e tribolante, “Hey Bulldog” ti mette dentro come un certo non so che di frizzantino che non si confa alla pioggia grigia bigia che oggi affusola Milano, ma d’altronde… “Sheepdog, standing in the rain!”.

Hey Bulldog

Di: The Beatles
Durata: 3′:14”
Dal disco: Yellow Submarine
Anno: 1969
Guarda e ascoltaclicca qui
Cose su questo blogfatti Beatles

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Videogiochi

Stop the press: Gran Turismo 5 posticipato!

Gran Turismo 5

No be’, le rotative solitamente si fermano per notizie inattese, improvvise, appanicanti, tragoediche o potenzialmente tali. Mica per un Gran Turismo 5 che viene ufficialmente rimandato a data da destinarsi (fonte). L’appuntamento saltato, questa volta, è quello giapponese, recentemente fissato al prossimo marzo e ora avvolto dalle nebbie tipiche di un bel “TBA”. Ora, a meno che il “rilancio” non sia robetta da poco, chessò aprile (ma è impossibile: Sony non avrebbe certo mandato in frantumi i cuori di tanti disperati con un “TBA” se il ritardo fosse stato entro il mese o paio di mesi), allora la pubblicazione in Europa potrebbe anche non risentirne. Ma naturalmente non sarà così e quindi vediamo… nella migliore delle ipotesi Gran Turismo 5 mi esce in Giappone a giugno-luglio, in occidente entro la stagione natalizia. Nella peggiore… Vabbé, ci siamo capiti.
E’ che ormai piace allo Yamauchi questa cosa del “non lavoro, faccio non lavorare un botto di gente e picchio dentro dei bei soldi”. Di solito, in calce, ci piazza pure un lollercopter. Gran Turismo viene annunciato su PSP nel 2004, pubblicato (con gli esiti noti) nel 2009. GT 5 romba malizioso per la prima volta nel 2006, pubblicato nel… 2010 se tutto va davvero molto bene. Ricordo tempi in cui si giocava coi tappi per strada, ed erano tempi piuttosto di merda diciamolo. Ricordo vallate verdi. Ricordo epoche in cui i team interni a Sony in Giappone ancora sviluppavano più di due videogiochi in un’intera generazione di console.
Tutta questa pappardella senza accennare al fatto che il mio amico di merende Audioradar sostiene che il Time Trial Demo messo a disposizione qualche tempo fa sia una roba proprio senza arte né parte. Tutta questa pappardella per provare la funzione “Press This” di WordPress. Funziona, ma non la userò mai più. Sapevatelo.

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Figate spazianti

Figate Spazianti: Iz puppy time!

Spreamenti

Riceviamo, da Audioradar, e pubblichiamo (con un bel clic ci si regala l’immagine completa).

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Videogiochi

Area21: NBA Jam T.E. (Megadrive)

NBA Jam Tournament Edition

Una nuova pubblicazione che arriva fresca fresca (non è vero) da Area21.it. Se proprio ieri si è discusso amabilmente del nuovo/futuro NBA Jam, il No1 ci riporta indietro di ennemila lustri, fino all’NBA Jam originale. Anzi, all’edizione Tournament. Buon tiro da tre, e ricordatevi di salire un clic ad Area21.it.

NBA Jam sta al basket come Mortal Kombat sta a una qualsiasi arte marziale. Così, welcome back alla pallacanestro due – contro – due, con schiacciate ridicole, nessuna vera regola di cui preoccuparsi e un pallone in fiamme che svolazza per il campo (boomshakalaka, courtesy of Iguana Entertainment).
Gioco senza cervello in maniera proverbiale, NBA Jam non fa nulla per negare la sua natura arcade, tanto che il suo essere senza cervello si identifica con l’essere privo di inutili complicazioni e la sua reputazione finisce per apparire forse vagamente fasulla (se proprio vogliamo andare a discutere dell’assenza o meno di strategie, dobbiamo anche ammettere che NBA Jam, tra bonus vari da raccogliere e continue variazioni di status dei giocatori, non è proprio un gioco piatto o facile).

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Lavoro

Putria la nutria? Scegli il nome alla mascotte!

Putria la Nutria

Non sai mai cosa possa riservarti l’anno nuovo. Questo 2010 è già stato ricco di doni di un certo peso, epperò quando ti capita tra capo e collo, senza alcun preavviso, un presente come quello di oggi… be’, ti chiedi propriamente come faccia qualcuno a non credere in divinità superiori. Per esempio: qua nell’ufficio assaghese (?) c’è carenza di mascotte. Quella ufficiale, pgcd, è in malattia semi-perenne e voci di corridoio (corroborate da registri medici) lasciano intendere che ormai sia irrecuperabile. Mai disperare però! Il signore dà, il signore toglie: toglie pgcd e aggiunge un bel blocchino pelosotto morbidosone compreso tra i cinque e i dieci chili. Con due baffi bianco-grigiastri da signore col cappello al parco, un voluminoso culo che è tutto un programma da giovenca e le zampette palmosette fatte del materiale dei sogni. Uomini, donne e felini abituali frequentatori del blog: la mascotte dell’ufficio assaghese è ufficialmente un myocastor coypus! O, come direbbe la casalinga di Voghera, una nutria di dimensioni importanti.

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