Ero snob fin dalla tenera età, perlomeno dalla tenera video-età, quando dovevo scegliermi i pochissimi giochi che sarebbero entrati in casa per grazia ricevuta (e per compleanno ricevuto, e per Natale ricevuto, e blabla). Oltretutto, alla condizione snobistica, si accompagnava spesso e volentieri la necessità di mediare con l’altro appassionato di videogiochi, mio fratello. Ché un gioco, in linea di massima, doveva andare bene a entrambi.
In quanto snob, comunque, i giochi con le pistolette ottiche ai raggi gamma-infrarossi hanno sempre detto davvero poco. Non c’era quella sensazione di avventura, quel minimo di esplorazione e nemmeno una grande abilità richiesta. Insomma, al di là della tamarraggine della pistola da tenere in mano, ben poco di interessante. Quindi, fortunatamente, non l’ho mai comprata. Però l’ho scroccata abilmente e con un sacco di voglia di farlo (sta cominciando “Down to the Well” dei Pixies: non c’entra nulla, ma provate voi ad ascoltarla mentre scrivete e a non farvi cenno alcuno). In particolare quella per Master System, perché erano quelli gli anni della grande condivisione e del grande scrocco, che è poi il motivo unico per cui in casa c’era un Master System e non un NES, per intenderci.
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