Di recente su questo blog si è parlato di OdG: Ordine dei Giornalisti. Tesserini, tariffari e tutte quelle mezze porcate. Gli stessi tesserini che, ci mancherebbe altro, sfoggiano con diligenza dalle parti di Via Solferino. Oggi il Corriere della Sera arriva in edicola accompagnato dal Magazine, l’ormai insalvabile ultima incarnazione del fu-Sette. E tra i servizi ce n’è uno di ben quattro pagine sulla potentissima realtà dei videogiochi. Pardon: dei “games”.
A firmare il servizio è Mark Perna, che discetta amorevolmente di come i games “salveranno Hollywood”. E’ una sorte di penale da pagare con costanza, periodicamente. Una multa al buon gusto e al buon senso che ogni tanto, con allarmante ingenuità e incapacità, la stampa generalista obbliga “chi ne sa” a pagare tramite la lettura, magari obbligando chi ha ancora lievemente a cuore la faccenda a giustificare il tutto con un “be’, almeno ne parlano”. Che proprio non capisco: siamo talmente messi male, in questo Bel Paese tricolore, che la stampa generalista è talmente generalista da diventare ennemila volte più imprecisa e raffazzonata della peggiore voce di Wikipedia scritta dal cugino di dodici anni che non ho. Ma al tempo stesso la sensazione di aficionado e “attori” del settore è di tale abbandono, che anche un articolo scritto male e sbagliato come questo, magari viene accolto con un sorriso. “Ehi, parlano di videogiochi sul Magazine, che storia! Non è vero che siamo degli sfigati!”.
Perna prende la parola lasciandola subito a Cameron Suevy, uno che nell’industry del videogioco conta per davvero. No eh? Come sarebbe a dire “chi diavolo sarebbe Suevy?”? Presto detto, ché il Perna ha una risposta a tutto: sarebbe il producer di Star Wars: the Force. Che non è l’ennesimo, nuovo, gioco dedicato alla saga interstellare di Lucas, ma proprio quello Star Wars: the Force Unleashed pubblicato un anno fa. Ha sbagliato il nome, che sarà mai?
Nelle quattro pagine si tratta, fondamentalmente, del ruolo cardine del settore videogiochi nel risollevare le sorti di hollywood. Non si capisce bene quale sia la teoria, a dirla tutta: la solita sbobba per cui da Los Angeles arriva gente a cercare marchi/nomi/personaggi da tramutare in pellicole? Potrebbe, ma nell’articolo viene solo accennata la cosa, senza per questo fare mai cenno al film dedicato a Prince of Persia che vede protagonista Jake Gyllenhaal, per dirne una. Ed era proprio un paragrafo facile facile, quasi regalato. Invece no, non si intuisce con precisione quale sarebbe questo ruolo salvifico e chi lo starebbe esercitando.
Grazie a tutto ciò che c’è di caro al mondo, Perna non si perde d’animo. Non avere in realtà alcunché da dire è l’ultimo dei suoi problemi, prima viene ancora quello dei nomi. Per dirne una: chiunque si fosse perso l’annuncio, sappia che entro Natale vedrà la luce dei negozi “Il Potere della Forza Ultimate Sixth Edition“. Come direbbe l’avvocato dei Simpsons: “la più grande truffa ai consumatori dai tempi de La Storia Infinita”, che durava circa due ore. Mica troppo infinita. Come mica troppo Ultimate dev’essere un’edizione che esce per la sesta volta. O era “Sith”?
Prima di concludere mestamente, Mark ha ancora tempo per snocciolare un paio di chicche. Per l’angolo del “sapevatelo”: lo sapevate che Peter Jackson avrebbe voluto “realizzare un capitolo della celebre saga di Halo“? Non un film eh, proprio un gioco. Eppure questa era facile, e gli avrebbe fatto un gran comodo nel sostenere quella tesi lì che non si è capito bene quale sia.
Ancora poche colonne per arrivare al punto che inchioda l’articolo alla sua mestizia, continuando a elogiare LucasArts come il paradiso dello sviluppo di videogiochi. Quella stessa LucasArts che da un paio d’anni ha praticamente schiantato tutti i suoi team interni per affidarsi ad etichette esterne? Figurarsi, dev’essere un’altra. Ma, d’altronde, è tutto chiaro: 1) non bisogna lamentarsi della stampa generalista italiana, perché è talmente ovvio che ormai è fuori moda da un pezzo, 2) Mark Perna è stato invitato allo Skywalker Ranch in zona San Francisco. Insomma, un bel soggiornino pagato e tutti contenti.
Con OdG e tariffari e cazzi assortiti. Pardon, mazzi assortiti.
0 risposte su “Gamesgiornalismo: real italian taste”
Senti, io il tesserino ce l’ho da ormai troppo tempo (vuol dire che pago un’inutile e non troppo bassa quota annuale), sono iscritto all’elenco dei professionalisti da altrettanto e ho avuto millantamila proposte dalla marchettravel agency, basta dire no_grazie. Poi di quelli che dicono sì_grazie ce ne sono comunque, ma non tutti i professionelli sono così. Sapevatelo
Non farmi il difensore di casta. Che già “casta” è fuori moda come quell’altra roba di cui si parla sopra, e poi si finisce per difendere per forza la gente. Il tuo “spacchettando PlayStation 3” è sufficientemente onesto e sovrappeso per garantire. La storia delle cavallette pure, se fosse vera. 😀
P.S. ma soprattutto, mi stai dando dell’unprofessionello?
Non dare soldi ai quotidiani italiani è un dovere imprescindibile di ogni bravo cittadino.
A parte, toh, sulla fiducia, Il fatto quotidiano, che in realtà son riuscito a leggere solo di sfuggita, ma magari c’è del buono.
tiziano?
Da grande voglio fare il generalista!
ma perche’ questo silezio assonnante? Perche’ niuno menzion par produrre che pubblicista sona similmente a zoccola?
@Giopep:
Il Fatto Quotidiano non è poi male, anche se puzza parecchio di stampa clandestina per qualità di colori/carta e titoli.
@Mugo
non sapevo che Travaglio scrivesse per Game Pro.
Eh però Zave, basta. Tu ce l’hai a morte con i Mark: Mark Perna, Metalmark… Chi è il prossimo?
Mark Ruffalo? Mark Lenders? Mumble…
Piuttosto c’è da chiedersi come mai i giornaroli specializzati nostrani (di giochi e informatica, per esempio) non passano mai, o quasi, sulla stampa non specializzata.
Negli USA, fra i tanti, Steven Levy e David Pogue sono finiti da Macworld a, rispettivamente, BusinessWeek e il NY Times. Forse è anche un problema nostro: non è facile scrivere per un pubblico non specializzato. O, meglio, non è facile spiegare argomenti tecnici in modo accessibile ai più.
Toniano Tiziutti scrive da mezzo secolo per fatti in zona Repubblica / Kataweb. Diego Malara mi pare idem (XL). Poco altro. Forse il problema sta da entrambe le parti: troppa gente che scrive su riviste specializzate anche se non ha le competente tecniche o (soprattutto) linguistiche per farlo + stampa generalista di qualità piuttosto infima. A cui va naturalmente aggiunta la faccenda delle pastette all’italiana per cui arrivare in una grande redazione per meriti è un caso e non certo la regola. Ma, d’altronde, se firme “importanti” (virgolette) del settore delle riviste di settore (whoops) manco riescono a trovare un editore pronto a riassumerle nello stesso settore specializzato… difficile che ci sia spazio altrove.
Ehm, anche se scrivo poco, qualche pezzo sulla Gazzetta dello Sport, ogni tanto, lo scrivo anch’io. Però io già scarso nella stampa specialistica, non credo di fare testo…
Ma no, giustissimo Curpola. Mea culpa. Mea Cupola.
🙂
pero’, in senso assoluto, non si puo’ fare di tutta l’erba un fascio: non e’ vero che tutti i giornalisti della stampa generalista sono dei caproni in tema di videogiochi. Non conosco Mark Perna ne’ ho letto l’articolo in questione perciò non posso commentarlo, pero’ in Italia ci sono anche firme importanti, come quella di Jaime D’Alessandro di Repubblica o Alessandra Contin della Stampa o, ma ha un passato da “specialista”, Massimo Triulzi, del Corriere della Sera. I loro pezzi sono sempre di qualità e “trasudano” una competenza inoppugnabile. Diciamo che ce ne vorrebbero di più così.
Curpolonia: conosco tutti i nomi che hai citato. Ecco. Cioé.
Be’, non sono mica male. Di videogiochi ne masticano. Ovviamente danno un impostazione generalista ai loro pezzi. Poi possono piacere o non piacere, per carità…
Ma sì Paolo, figurati. Oltretutto la roba che ho scritto qua sopra sull’articolo di Magazine, è confinata per l’appunto a quell’articolo. Non voglio generalizzare, altrimenti avrei fatto uno sparatona da ennemila caratteri (largamente ingiustificata oltretutto).
Comunque D’Alessandro scrive male.
Ecco, l’ho detto, mi sono sfogato.
🙂
comunista!
Concordo con Giopep. Invece il Triulzi lo leggo sempre con piacere, anche se più che esperto di videogames è un esperto di Macintosh. Più che altro, è pur vero che la stampa videoludica specializzata è settaria, ma in un altro ordine di grandezza lo è pure la stampa cosiddetta generalista. Non molti leggono giornali e riviste, tra i nostri compatrioti, e siamo pure tra i paesi che usano di meno Internet in Europa. Quel che va per la maggiore è “Amici di…”: forse dovrei affittare un bel tutù e buttarmi nella pista da ballo.
Grazie! (ma non uso Mac dai tempi di K)
Leggo ora, con qualche mesetto di ritardo.
Malgrado la mia fortunata esclusione, mi trovo a dissentire e ribaltare.
Dissentire perchè ritengo che io e Federico, che scriviamo di giochi sul Corrierone, (e pure Jaime su Repubblica e la brava Contin sulla Stampa) cerchiamo di dare un’informazione corretta. Certo, tradotta per stampa generalista, ma fondamentalmente condivisibile anche da un purista.
Ribalto perchè… perchè, secondo voi, LucasArts invita allo Skyranch il pur ottimo Mark, che mai ha scritto di videogiochi in vita sua e che chiaramente non aveva sufficienti informazioni per una visione critica di tale tour?
Secondo voi quante volte mi è capitato di rifiutare pubblicazioni o tour di Giulia al tritacarne o di Fai la ginnastica con Ciccio per poi scoprire che al mio diniego è immediatamente seguito invito a collega compiacente?
Baci e abbracci!