Inebetito di fronte a “Dear Prudence”, mi sono rifatto la solita domanda: “perché The Beatles: Rock Band è così sexy?”. Perché, insomma, ho voglia di comprarlo? Per la musica, per le canzoni? Sì, certo, palese. E allora quali sono i meriti di un gioco musicale come quello do Harmonix o, per quel che cambia, di Neversoft/Activision? Nessuno? La semplice scelta della scaletta e quindi l’abilità nell’isolare i pezzi più famosi/”giocabili” e lasciare ai markettari l’onere di discutere con le etichette discografiche? Insomma: Guitar Hero e Rock Band fanno i soldi grazie alla gente che fa firmare i contratti e tanti saluti? No, naturalmente non solo, ma l’argomento è talmente sugoso che non vorrei bruciarmelo subito, quindi me lo tengo caro per un futuro post. Oggi lo spazio è per: quello che Guitar Hero e Rock Band fanno di sbagliato, ovvero sia, quello che non fanno.
E ritorna in campo The Beatles: Rock Band. I soldi li sborso volentieri, primo perché col cavolo che gli bonifico i seimila euro che chiedono per tutti gli strumenti, secondo perché ci sono i Beatles. Non solo la musica dei, ma anche i. C’è Paul, c’è John, ci sono addirittura George e Ringo. Ci sono gli studi in cui hanno registrato e ci sono le visualizzazioni mezze sfatte di acidi, legate e concepite attorno alla musica. Ci sono i favolosi quattro nelle differenti litigate coi parrucchieri. Ci sono le esibizioni dei liverpoolini più celebri, celebrate o per un qualche perché amate. Ci sono i Beatles, attorno alla musica dei Beatles. E’ un tributo vero e completo, che rende onore alla musica sfruttando i mezzi messi a disposizione non solo dalle casse della televisione, ma anche dallo schermo. Quello che c’è, in maniera decisamente meno riuscita (ma forse, lì, il problema sta anche nel materiale di partenza) in Guitar Hero: Metallica. Quello che non c’è stato, fino all’altro ieri, nei “normali” Rock Band e Guitar Hero e quello che c’è, malamente e solo da ieri, un po’ in Guitar Hero. Ovvero i musicisti e qualcosa che ricrei su schermo un ambiente intrigante e correlato alla musica.
Guitar Hero, da un paio di edizioni e nell’imminente quinto capitolo, ci prova almeno un po’, per sbaglio, col minimo sforzo possibile: firmando qualche foglio che permette agli sviluppatori californiani di includere le riproduzioni digitali di qualche artista, che arriva accompagnato dalla sua bella canzoncina. E’ stato il caso di Slash, di Tom Morello (per l’occasione, Guitar Hero 3, in formato “nano chitarrista malefico”), di Lemmy dei Motorhead, poi di Billy Corgan, di qualcun altro che ora mi sfugge e, prossimamente, sarà il caso di Matt Bellamy e Kurt Cobain. Naturalmente, però, saranno soli, abbandonati in luoghi sconosciuti, pronti ad affidarsi al duck&cover e piangere forte. Perché? Perché è troppo costoso, inutile, difficile, rischioso provare a raccattare i permessi bollati per portare sugli spalti di Rock Band/Guitar Hero intere band? Intere band per ognuna delle circa 80 canzoni di ogni gioco? Sì, tantissima roba.
Un panorama idilliaco però, di sicuro anni luce avanti alla tristezza che attanaglia oggi entrambi i giochi quando si scivola nell’argomento “stile”.
Ci sono dei motivi, certo. I primi due capitoli di Guitar Hero non potevano vantare canzoni in formato “master”, nel 90% (ottimista) dei casi si lavorava con delle vere e proprie cover. Oltretutto nemmeno sempre convincenti. Da lì la nascita del personaggio creato dal (o perlomeno scelto dal) giocatore, che si sarebbe lanciato in una carriera da “omino delle cover”. Naturalmente appariva fin da allora poco credibile che l’omino della cover band più dinamica del globo riuscisse ad arrivare a esibirsi di fronte a decine di migliaia di fan in crisi epilettica, ma dopotutto… chissenefrega delle piccolezze, l’importante è suonare la chitarra di plastica. Però c’era un senso: non avendo musica “vera”, ma solo imitata, anche i personaggi devono essere delle imitazioni (meglio: delle caricature). Che poi, volendo arrivare a un estremo, il personaggio, nel rhythm’n game à la Guitar Hero, pare più una forzatura da tradizionalismo applicato a tutti i costi: è un videogioco, dev’esserci un omino che fa cose e vede gente.
Il problema è che, stilisticamente, sia Guitar Hero che Rock Band hanno sempre sbarellato nel peggiore dei modi: Harmonix qual cosina ancora riesce a tirarla fuori, ma l’editor dei “rocker” di Guitar Hero è una spremuta di male e indecenza. Un editor casuale di orrendi figuri senza arte né parte. Non sono sufficientemente inutili da rimanere in trasparenza, son proprio fastidiosi. Così come la stragrande maggioranza delle ambientazioni: nella migliore delle ipotesi poco ispirate, nella peggiore tratte dalla fantasia acerba di un fan di una trasmissione metal da MTV anni ’90. Un concentrato di orrido.
E allora, visto che è tutto un tappezzare buchi, facciamone a meno. Qualcosa alla Singstar, se proprio si deve: videoclip originali del gruppo/artista. Che tanto, quel che accade sullo sfondo, è pressoché totalmente filtrato mentre si gioca. Oppure niente, basta: niente modalità Carriera/World Tour, che tanto è solo una pantomima come un’altra per far finta che il gioco debba avere una struttura che, perlomeno per quanto mi riguarda, è tutto fuorché necessaria.
Il “bello” di Guitar Hero e Rock Band è suonare, ufficializzare l’air guitar (e le rispettive controparti con batteria e voce) e fornire quel minimo di sfida tale da rendere intrigante rileggere e risentirsi la propria musica preferita o, magari, anche qualche pezzo che non si conosce. Perché l’obbligo di seguire un percorso a tappe infarcito di concerti noiosi, soldi da spendere per ignobili bandane e via di questo passo? Perché è un videogioco, e in un videogioco deve succedere qualcosa, altrimenti poi la gente se ne ha a male. Sarà questo il motivo.
Puntate al cuore della questione: assieme a Cobain, portatemi sul palco Novoselic e Grohl, riproponendo il palco di Reading del ’92 o roba simile. E tutto l’impianto avrà finalmente un qualche senso.
2 risposte su “Videorock’n roll: troppo glam ignobile”
Ma perche’, è morto anche Santana? Da DJ AM a Cash a Cobain a John a George a PAUL, la moda dell’anno è fare pupazzi virtuali dei musicisti morti.
DJ AM poi lo hanno ammazzato quelli di activision con una dose letale di soldi, perche’ sennò non era nel trend dell’anno.
Beatles Rock Band ci scrivo anch’io stasera:)
B.
Ma quindi DJ AM era quello di DJ Hero(in)?