Un giorno tutti ti vogliono bene, si appuntano al petto la spilla col tuo logo e gridano ai quattro venti che, potessero, rinascerebbero Bub. O, mal che vada, Bob. Poi finisci nel nulla, più inutile di una comparsata a “Meteore” di Gary Coleman. Nel caso di Taito è stato tutto uno scintillare negli anni ’80, per crollare rovinosamente una volta che la storia ha chiesto all’etichetta giapponese di evolversi un po’, per non finire schiacciata dall’ammodernamento. E invece Taito è stata spalmata, sopravvivendo oggi come boccone neanche troppo prelibato nel piatto di Square Enix (che l’ha acquisita nel 2005) e provando a farsi volere bene con qualche riedizione riuscita (Space Invaders Extreme) o meno riuscita (Arkanoid DS, Arkanoid Live!).
Nel 1993, però, Taito c’è ancora. O meglio, sta per andare lentamente spegnendosi, ma dato che nessuno si è ancora accorto della cosa, non ci fa caso. E propone al già inflazionato mercato dei giochi per Super Nintendo un Super Chase H.Q. che se anche non avesse mai conosciuto la luce dei televisori, non è che ci saremmo persi un granché. Lontano cinque anni dal primo capitolo di quella che era già diventata una saga (con tre giochi attivi sotto forma di cabinet), Super Chase H.Q. perde anche buona parte dell’impatto dell’originale. Prima di Destruction Derby, prima del figliastro Ray Tracers (PlayStation) e soprattutto prima di Burnout, era stato Chase H.Q. a lanciarsi in un angelus a base di consigli sulla distruzione delle vetture altrui. Cofano contro cofano, sportello addosso a sportello, tutto quello che poteva servire per prendere il motore grafico di OutRun, opportunamente modificato, e mettere in piedi un gioco che non apparisse troppo simile alla pietra miliare di Yu Suzuki e, nel frattempo, fosse capace di intercettare quella sana scintilla di distruzione&pazzia che alberga in chiunque sogni una patente o ne ha una nel portafogli.
Quando arriva su Super Nintendo, però, Super Chase H.Q. è una mezza cosa. Mezza, come metà (se non meno) è la porzione di schermo dedicata alla visualizzazione della pista. Per l’occasione in Taito hanno deciso di riprendere la visuale in prima persona sperimentata in Super Chase: Criminal Termination, terzo episodio da sala giochi, largamente snobbato per tanti ottimi motivi. Tra cui quella visuale in prima persona che anche su Super Nintendo fa solo danni.
Dimenticandosi delle possibilità offerte dal Mode 7, Taito assembla un giochetto che non è mai più di un giochetto. Di buona c’è ancora la sensazione di velocità e, tutto sommato, anche la gioia nel mandare in frantumi il criminale in fuga. Anche il level design ha qualcosa da dire, se è vero (come è vero) che gli sviluppatori si premurano di inserire almeno una nuova tipologia di sfida per ognuno dei primi livelli. Dal traffico contromano con sfanalamento à la “togliti-bestia-che-ci-stiamo-per-ammazzando!”, al mini-semi-quasi boss pre-criminale vero e proprio. Ci si può divertire, almeno per una decina di minuti. Venendo a patto con una profondità di gioco comunque esile quanto un testo di Tiziano Ferro, una realizzazione tecnica che ha nel solo sprint il suo punto di forza e in generale un impatto decisamente al di sotto di quanto mostrato dal suo genitore.
Ma sarà anche che Chase H.Q. ha dato tutto quello che aveva da dare nei suoi due o tre anni di celebrità (tra il 1998 e il 1991 massimo) e che fisiologicamente non gli si potesse chiedere di più. Quindi in alto i calici, da svuotare prima di frantumarli contro gli schermi di Chase H.Q. 2, pubblicato in edizione arcade nel 2007 da una Taito in evidente crisi respiratoria.
3 risposte su “Super Chase H.Q. (Super Nintendo, 1993)”
E se non ricordo male io giocavo con un Chase HQ per Gameboy che mi piaceva un sacco anche se ci volevano 5 minuti buoni di guida X-treme prima di vedere in lontananza la frecciona sul tetto della macchina in fuga… 🙂
L’hanno convertito per qualsiasi cosa. Qualsiasi.
cazzo che ricordi.
Avevo forse 9 anni, in montagna, d’estate, sperduto paesino nella val tramontana friulana.
Il tabaccaro aveva 3 cazzo di giochi: un flipper, Chase HQ e una versione piratatissima honkonghese di Area 88 (mi sembra), che mi solleticava le poche monete del portafoglio.
Un pomeriggio ero in una condizione di grazia, non so. Forse era stata la pasta al ragù della nonna, o forse la consapevolezza che si, cazzo, potevo farcela (a far cosa?), fattosta che, con una moneta da 500, ho fatto tutto Chase H.Q.
Ora,non so se per gli onnipotenti qui presenti fosse un gioco da ragazzi, ma per il volgo del paese fui eroe.
A mano a mano che avazavo nei 5 livelli, raggiungendo velocità improponibili con la porsche 928 (anche senza usare il turbo), una campana di ammiratori si creò alle mie spalle, ponendo le domande più classiche
“hai usato dei trucchi?”
“ma come fai?”
“viene dalla città, è un drogato” (questa non è una domanda, lo sentivo chiaramente alle mie spalle di bambino e me ne pavoneggiavo)
finita la partita, fu amore definitivamente e decisi di sposarmi (con i videogiochi).
Avevo anche qualche ragazzetta che dopo quell’impresa mi guardava ammirata, ma io feci finta di niente e mi spostai sul cabinato di Area 88, ben sicuro che non mi avrebbe tradito, mai.